Sistemi propulsivi aeronautici – Project Pluto

Scusandomi per l’assenza del post della scorsa settimana, continuiamo anche oggi a parlare di Sistemi Propulsivi Aeronautici, riprendendo proprio dal tema affrontato nello scorso post nel quale è stata presentato la propulsione nucleare in campo aeronautico.

Se tale soluzione è apparsa piuttosto “insolita”, per questo (quasi) ultimo post  della serie sui Sistemi Propulsivi Aeronautici ho scelto una soluzione che ritengo potrà batterla in termini di “singolarità”.

IL PROGETTO SLAM

Se il periodo della Guerra Fredda ha prodotto una grande mole di studi e test sulle applicazioni dell’energia nucleare in campo militare, tra di essi è sicuramente degno di nota il Progetto SLAM – Supersonic Low Altitude Missile (definito nel 1957) nell’ambito del quale veniva richiesto dall’USAF lo sviluppo di un missile dalle caratteristiche davvero particolari, ovvero la capacità di volare a bassa quota seguendo una traiettoria guidata (caratteristiche che lo inquadrano come “Missile da Crociera“) a velocità supersonica, ma soprattutto di essere propulso da un inedito statoreattore a propulsione nucleare.

Se tali idee ed i primi studi sono da ricondursi alla metà degli anni ’40, solo nel 1957 la Chance Vought Aircraft  iniziò autonomamente delle ricerche in tal senso a seguito della definizione in quell’anno delle specifiche del progetto SLAM, progetto che nel 1958 portò alla definizione di un bando al quale parteciparono la Chance Vought Aircraft stessa, oltre alla North American Aviation ed alla Convair, già impegnata per quanto riguardava il progetto Convair X-6.

Tra le varie proposte presentate dai tre concorrenti venne scelta quella della Chance Vought Aircraft, ed il nome definito per la commessa conseguente fu AeroThermodynamics for Pluto, noto più semplicemente come Project Pluto.

Come intuibile dal nome della commessa, si trattava di uno studio volto ad analizzare i molteplici aspetti del progetto sul piano aerodinamico e sviluppare il sistema propulsivo, per un progetto che ben poco aveva in comune con quanto sviluppato fino ad allora da chiunque, infatti il missile doveva essere in grado di volare a Mach 3 a bassa quota trasportando un certo numero di testate nucleari (ventisei nell’ultima revisione del progetto) che sarebbero dovute venire sganciate sui differenti bersagli, prima di schiantarsi al suolo e divenire una cosiddetta “bomba sporca“, quindi generando danni non solo per gli ordigni sganciati, ma anche attraverso la sua distruzione con conseguente emissione di materiale radioattivo, ed inoltre anche attraverso la scia radioattiva e le le onde di pressione generate dal suo passaggio a Mach 3 a bassa quota.

Trattandosi di uno statoreattore e pertanto impossibilitato a funzionare a basse velocità ed al decollo, nelle intenzioni dei progettisti il missile sarebbe stato portato in quota attraverso tre razzi aventi anche lo scopo di consentire l’accensione dello statoreattore (che emetteva una scia radioattiva rilevante) al di fuori da zone sensibili in modo da impedire danni in territorio amico.

PROJECT PLUTO – UNO STRANO STATOREATTORE

Le specifiche richieste nel Project Pluto portarono alla definizione di un particolare “velivolo” (è piuttosto arduo definirlo sia come velivolo che come missile) costruito intorno al propulsore, uno statoreattore nel quale non avveniva alcuna combustione ma operava grazie al riscaldamento dell’aria aspirata ottenuto attraverso il rilascio di energia del materiale fissile presente in esso ed alla successiva espansione nel condotto di scarico.

Tale soluzione presenta una certa analogia concettuale con quanto proposto (ma mai realizzato) dalla Convair nel progetto Convair X-6, nel quale si sarebbe dovuto utilizzare un motore turbogetto impiegante, al posto della camera di combustione, l’energia termica rilasciata dalla fissione nucleare, con la principale differenza che in quel caso si trattava di un motore turbogetto mentre nel Project Pluto di uno statoreattore.

Il “velivolo” doveva avere una forma molto simile ad un missile tradizionale, ma dotato di una grande sezione di aspirazione collocata inferiormente ed ali capaci di permetterne un volo controllato anche a bassa quota, pertanto è difficile fornire dimensioni complessive di esso, ma si può comunque indicare una lunghezza di 26.8m ed un diametro del corpo principale (esclusa la presa d’aria) pari ad 1.5m, mentre il peso previsto superava le 27 tonnellate.

Poiché il profilo di missione prevedeva il volo ad alta quota a velocità pari a Mach 4 ed a bassa quota a Mach 3, dovettero venire studiate in maniera molto approfondita le problematiche aerodinamiche (dovute all’alta velocità) e l’interazione tra queste ed i materiali in termini di resistenza alle sollecitazioni termiche (oltre 500°C) per tempi piuttosto lunghi, oltre a quelle specifiche dovute alle radiazioni originate dal sistema di propulsione, pertanto alla luce di tutte le varie problematiche alle quali il team di sviluppo dovette trovare soluzione, si può ben affermare che il Project Pluto rappresentò un banco prova estremo sul fronte tecnologico.

La soluzione aerodinamica definita prevedeva l’impiego di una superficie alare abbastanza estesa  dotata di sei alette Canard, tre mobili posizionate nella parte anteriore aventi lo scopo di modificare l’assetto del missile e tre fisse e di maggiori dimensioni posizionate nella zona posteriore aventi azione stabilizzatrice:

Pluto-SLAM

(Schema del missile SLAM – Courtesy of Wikipedia)

Il sistema di volo richiedeva (dato il profilo di missione previsto) una soluzione in grado di seguire una rotta predeterminata, ma con la possibilità però di effettuare delle correzioni in volo, pertanto venne impiegata una soluzione che utilizzava un Sistema Inerziale unito ad un particolare sistema denominato TERCOM (TERRain COntour Matching) che confrontava la forma del terreno (attraverso un radar collocato sul missile ed indirizzato verso il terreno) con quella memorizzata come riferimento in modo da potere provvedere tutte le variazioni di rotta necessarie.

IL COMPONENTE PRINCIPALE – IL REATTORE

Il reattore, sviluppato presso il Lawrence Livermore National Laboratory  sotto la direzione di Ted Merkle fu l’unico componente completamente realizzato e testato (sebbene fosse anche il principale), e venne sviluppato a partire dal primo modello denominato Tory-IIA, utilizzato per valutare la fattibilità del progetto, ma inadatto ad essere impiegato in volo in quanto troppo pesante.

Al reattore Tory-IIA seguirono altre due versioni, denominate rispettivamente Tory-IIB e Tory-IIC, ma mentre la versione B rimase semplicemente un progetto, la versione C venne testata in condizioni di volo simulato sulla slitta, ovvero collocandolo su un opportuno vagone ferroviario ed azionando il motore in modo da verificare il reale funzionamento e le prestazioni del motore (l’uso della slitta era una soluzione molto usata in passato anche per test aerodinamici oggi condotti in galleria del vento):

Tory_II-C_nuclear_ramjet_engine

(Il motore Tory-IIC sulla slitta – Courtesy of Wikipedia)

In tale occasione il Tory-IIC sviluppò la massima potenza di 517MW generando una spinta pari a 170kN, ritenuta sufficiente a consentire il volo a Mach 2.8.

Il successo di tali esperimenti non portò comunque alla prosecuzione del progetto, in quanto i crescenti costi e le considerazioni sul pericolo in caso di incidenti, oltre allo sviluppo contemporaneo di altre tecnologie missilistiche, portarono le autorità USA a cancellare il progetto nel 1964, ed oggi rimangono solo le testimonianze di chi lavorò all’insolito progetto e le varie foto ed illustrazioni che lo riguardano:

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(Il missile SLAM in volo in una illustrazione tratta da  www.merkle.com)

DB_071_Project_Pluto_01

(Schema del missile SLAM in volo in una illustrazione tratta da  www.merkle.com)

Con questo è tutto anche per oggi, e rinnovandovi l’invito a continuare a seguire la rubrica Energia e Futuro ovviamente su AppuntiDigitali, vi saluto.

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