Oh no, ci risiamo. Ancora con questo 3d. Dagli occhialini rossi e blu agli stereogrammi sono ormai decenni che le tecnologie per la rappresentazione treddì ci fanno annusare il profumo dell’asse z senza mai riuscire effettivamente a decollare.
Adesso è la volta dei monitor e televisori LCD: autostereoscopici o meno sembra che per qualche strano motivo non ci sia produttore che possa rinunciare a metterne a catalogo uno – si, uno, l’unico che riescono a vendere.
Il mio scetticismo potrebbe disorientare qualcuno, in quanto da un appassionato di tecnologia ci si dovrebbe aspettare entusiasmo, non diffidenza, per questi giocattoli.
In realtà sulla mensola alle mie spalle trovate un paio di occhialini 3d a cristalli liquidi, acquistati in bundle con una GeForce 2, mentre giusto una settimana fa ho fatto qualche esperimento con una barriera parallattica autocostruita. Il punto è proprio questo: per il momento al di fuori di noi appassionati (e ambiti dimostrativi, quali fiere o eventi) questi prodotti non hanno mercato. Per capire perché facciamo una breve panoramica sulle attuali tecnologie per il segmento consumer.
Va premesso che tutte impiegano il medesimo principio: la stereoscopia. Facciamo un ulteriore passo indietro. Il nostro occhio acquisisce un’immagine bidimensionale, ovvero la proiezione della scena che stiamo guardando sulla retina. Al cervello non arriva cioè nessuna informazione sulla profondità: per questo di occhi ne abbiamo due.
Grazie alla loro sfasatura nello spazio (sono distanti mediamente 6 cm l’uno dall’altro) disponiamo di due punti di osservazione diversi, attraverso i quali possiamo ricostruire approssimativamente l’informazione mancante, ovvero la profondità. Non a caso ovunque si parla dell’argomento vi invitano a sperimentare come, semplicemente tappando un occhio, si perda la cognizione della distanza degli oggetti che vi circondano, anche se in realtà è una gran fesseria.
Ci si scorda che la percezione della profondità è data in buona parte dall’esperienza, per cui non basta avere un occhio chiuso per non capire più se è più lontana la finestra o la nuvola che vi si vede attraverso. Questo è il motivo per cui quando ci cimentiamo in un qualsiasi gioco 3d, pur avendone solamente una rappresentazione bidimensionale, cogliamo comunque con buona approssimazione la lontananza di nemici e oggetti.
Tuttavia, per avere un’esperienza immersiva, completa, convincente è necessaria la visione stereoscopica: in altre parole ogni occhio reale deve corrispondere l’immagine del suo corrispettivo virtuale. Se produrre un doppio rendering (o due fotografie, o due flussi video) è piuttosto banale, non lo è affatto destinare ad un occhio un immagine e all’altro l’altra. In questo si distinguono varie soluzioni: vi rinvio a domani per una panoramica.