Cari lettori, a causa di un problema organizzativo l’edizione odierna della rubrica del lunedì di Simone viene messa online oggi. Per le prossime settimane la calendarizzazione procederà regolarmente.
Prosegue anche nel post odierno la descrizione dei sistemi propulsivi aeronautici, ed andremo ad esaminare una soluzione molto particolare, che ha goduto di una certa celebrità durante la seconda guerra mondiale.
I PRIMI BREVETTI DI UNO STRANO MOTORE AD IMPULSI
Nei primi anni del ‘900, ed esattamente nel 1906, il Russo (ma residente in Francia) Victor Von Karavodin (noto anche come Victor De Karavodine) presentò un brevetto riguardante uno strano propulsore a getto funzionante in maniera impulsiva, del qual completò il modello funzionante nel 1907, e successivamente nel 1910 il Francese Georges Marconnet brevettò a sua volta un motore analogo, oggi conosciuti con il nome di Pulsoreattori o Pulsejet.
Sebbene da un punto di vista storico l’origine dei pulsoreattori sia più lontana nel tempo, risalendo al 1984 ed ai lavori del Russo Nicolaj Teleshov (brevettati nel 1867), sebbene anche un altro personaggio (questa volta Svedese) di nome Martin Wiberg appare come il possibile precursore di questa particolare tipologia di motori.
Tralasciando le diatribe storiche, andiamo ora ad esaminare il motore in maniera più chiara.
IL PULSOREATTORE – SCHEMA E FUNZIONAMENTO
Il pulsoreattore consiste in un dispositivo molto semplice di forma tubolare aperto alle due estremità, nel quale viene introdotto (in maniera non continua) il combustibile e, con l’ausilio di un flusso d’aria opportunamente generato all’estremità frontale del motore e grazie ad un sistema di prima accensione è possibile generare una combustione che si sviluppa sotto forma di impulsi corrispondenti ad ogni iniezione di combustibile nel sistema.
Poiché ogni descrizione di un sistema semplice tende inevitabilmente a rendere più complesse le cose, uno schema semplificato come il seguente sarà la migliore soluzione per comprenderne il funzionamento:
(Courtesy of Wikipedia)
Nella prima immagine il combustibile iniettato viene miscelato con l’aria entrante dall’estremità di sinistra e, tramite un opportuno sistema di accensione iniziale (durante il normale funzionamento in genere è possibile sfruttare il ritorno di fiamma per l’accensione) si innesca la combustione della miscela creata.
Nella figura numero due la combustione sviluppata genera delle onde di pressione che si propagano nell’intero sistema, e conseguentemente all’espansione dovuta alla combustione si ha la fuoriuscita dei gas dall’estremità di destra, espulsione che genera una depressione nella sezione di aspirazione del sistema che permette di aspirare l’aria per il successivo ciclo (figura tre).
Nella figura sono anche visibili (in differenti posizioni) delle valvole a lamelle nella sezione di aspirazione, il cui scopo è quello di aprire/chiudere tale sezione al fine di permettere il passaggio dell’aria durante la fase di aspirazione ed impedire che la spinta che viene sviluppata dall’espulsione dei gas si propaghi anche attraverso la sezione di aspirazione.
Sebbene lo schema presentato in figura appaia molto semplificato, in realtà esso mostra in maniera piuttosto realistica un pulsoreattore reale, la cui semplicità estrema è la caratteristica principale.
Una delle particolarità del pulsoreattore è quella di essere in grado di auto-alimentarsi, ovvero di aspirare spontaneamente l’aria comburente grazie alla depressione che viene a generarsi nella sezione frontale del dispositivo, caratteristica che rende il pulsoreattore capace di fornire spinta anche a punto fisso (a velocità nulla), una volta acceso.
Proprio la fase di accensione è particolarmente delicata in quanto richiede di generare un flusso d’aria forzato, attraverso un ventilatore od un compressore (in funzione delle dimensioni del motore) per poi consentire il funzionamento autonomo (senza possibilità di regolazione della spinta) fino a che viene fornito combustibile.
(Courtesy of Wikipedia)
Sebbene il pulsoreattore necessiti di un sistema che impedisca alla combustione di svilupparsi anche lungo la direzione della sezione di aspirazione, sono stati sviluppati motori privi di valvole in grado di sfruttare le condizioni fluidodinamiche ed i fenomeni d’onda che si sviluppano all’interno del sistema per impedire tale fenomeno, consentendo la realizzazione di sistemi molto affidabili ed assolutamente privi di parti in movimento.
DALLE V-1 AL MODELLISMO AERONAUTICO
Il pulsoreattore deve la sua notorietà al triste impiego come sistema propulsivo delle famose bombe volanti V-1 sviluppate durante la Seconda Guerra Mondiale dalle forze armate Tedesche a partire dagli studi compiuti dalla Argus Motoren su incarico del Ministero dell’Aria del Reich che portarono alla realizzazione, su progetto dell’Ingegnere Fritz Gosslau basato sulle proposte di Paul Schmidt del pulsoreattore Argus AS 014:
(Immagine d’epoca dell’Argus AS 014)
In tempi più recenti tale soluzione propulsiva ha trovato interessanti impieghi come sistema propulsivo per il modellismo aeronautico, permettendo in questo ambito di disporre di un semplicissimo motore a reazione che ben si concilia con questa interessante attività caratterizzata dal grande ricorso all’artigianalità di molti componenti.
Con questa breve pagina su una tecnologia non molto conosciuta si chiude anche il post odierno, pertanto vi rinnovo l’appuntamento come di consueto per lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.