Prosegue anche quest’oggi la discussione su alcuni aerei sviluppati ed introdotti nel corso degli anni ’70, con due celebri protagonisti quali il McDonnell Douglas F-15 “Eagle” ed il General Dynamics F-16 “Fighting Falcon”.
UNA RISPOSTA SENZA COMPROMESSI ALLE MINACCE SOVIETICHE
Negli anni ’60 erano presenti sulla scena diversi velivoli particolarmente efficaci, sia sul fronte USA che su quello URSS, soprattutto dopo l’introduzione del sofisticato ed estremamente prestazionale Mikojan-Gurevich MiG-25 da parte di quest’ultimo fronte.
Proprio l’esigenza di contrastare il MiG-25 spinse fortemente le autorità americane allo sviluppo di un progetto di aereo per la superiorità aerea capace di contrastare questa nuova (ed allora quasi misteriosa) minaccia, e da tale iniziativa nacque un velivolo che rappresenterà una delle pietre miliari della difesa USA, il McDonnell Douglas F-15 “Eagle”.
(F-15 “Eagle” in volo – Courtesy of Military-Today.com)
(F-15 “Eagle” con in evidenza l’armamento aria-aria)
Sviluppato pertanto a partire dalla fine degli anni ’60, compì il primo volo nel Luglio 1972 in versione monoposto, precedendo di un anno esatto la versione biposto, mentre l’ingresso nel servizio operativo avvenne il 9 Gennaio 1976.
La progettazione dell’F-15 è stata impostata sin dall’inizio secondo i più moderni canoni aerodinamici, ottimizzando quanto più possibile ogni aspetto dell’intero progetto, fattore che si è anche ripercosso sui costi, ma che ha dato vita ad un aereo dalle prestazioni eccellenti, capace di raggiungere Mach 2.54, di avere una velocità di salita di 254 m/s, ma soprattutto caratterizzato da una maneggevolezza fino ancora oggi di prim’ordine, ottenuta grazie all’elevata superficie alare dalla forma sostanzialmente a delta ma con delle piccole variazioni sul bordo d’entrata e d’uscita che ne migliorano le caratteristiche, alla doppia deriva e grazie anche ai due motori turbofan Pratt&Whitney della famiglia F100 (adottati in varie versioni: F100-PW-100, F100-PW-220, F100-PW-229).
Dell’F-15 ne sono state sviluppate varie versioni, sia mono che biposto, ed in particolare ne sono state sviluppate una versione da attacco al suolo, denominata “Strike Eagle” (esclusivamente biposto) ed una versione dotata di verniciatura stealth, denominata “Silent Eagle” (monoposto).
(F-15 “Strike Eagle” – si può notare la configurazione Pilota – Navigatore)
(F-15 “Strike Eagle” – Carico bellico di attacco al suolo in evidenza)
(F-15 “Silent Eagle” – Si notano alcune differenze aerodinamiche come le derive inclinate rispetto alla versione Strike Eagle)
La versione Strike Eagle ha effettuato il primo volo nel 1986, entrando in servizio nel 1988, e per certi versi rappresenta un miglioramento dell’Eagle in quanto ne estende le caratteristiche introducendo la possibilità di attacco al suolo e con vari sistemi d’arma, comprese le bombe, senza però perdere le qualità di velivolo da superiorità aerea del precedente modello, mentre la versione Silent Eagle rappresenta l’ultima evoluzione in ordine di tempo (primo volo nel 2010), non ancora ufficialmente in servizio operativo. Nel caso di questa versione la realizzazione avviene ad opera della Boeing (che in precedenza aveva rilevato la McDonnell Douglas), e rappresenta un’importante evoluzione in chiave moderna, quindi con caratteristiche stealth oramai d’obbligo oltre a sistemi avionici e contromisure elettroniche i ultima generazione.
La carriera dell’F-15 dura tutt’ora, agevolata anche dal fatto che il sostituto designato, il Lockheed-Martin Boeing F-22 “Raptor” sia un caccia da superiorità aerea ma non un cacciabombardiere come la versione “Strike Eagle” dell’F-15, ma a questo fattore sicuramente bisogna aggiungere il costo elevatissimo che il nuovo velivolo ha raggiunto e la scarsa necessità di un velivolo così sofisticato come l’F-22 in quanto, al momento, non sembra esistano velivoli sufficientemente sofisticati nelle disponibilità di paesi potenzialmente ostili.
UN AEREO BASATO SULLA SEMPLICITA’ E SULLA LEGGEREZZA
Se per l’F-15 non furono cercati compromessi per lo sviluppo, per un altro velivolo suo contemporaneo le cose andarono, per certi versi, in maniera diametralmente opposta.
Verso la metà degli anni ’60 l’opinione diffusa presso gli organismi della Difesa USA era tale da ritenere che gli scontri aerei sarebbero stati caratterizzati sempre più da azioni a distanza elevata, pertanto ricorrendo a missili molto sofisticati, e la tipologia di aereo che avrebbe conseguentemente dominato la scena sarebbe stata quella di un aereo grande e pesante, dotato di radar sofisticati capaci di intercettare a lunga distanza il nemico, portando allo studio di un aereo con queste caratteristiche dotato di ali a geometria variabile, denominato Progetto FX (di cui vedremo il risultato la prossima settimana).
L’esperienza pratica (come spesso accade) però portò a considerazioni differenti, infatti ci si rese conto che gli scontri ravvicinati non solo erano frequenti, ma che richiedevano caratteristiche di manovrabilità a media velocità ben differenti rispetto a quelle ipotizzate e definite per i nuovi velivoli.
Sull’onda di queste considerazioni venne sviluppato negli anni ’60 un programma (con il sostegno del Segretario della Difesa USA, ma con l’ostilità degli aderenti al Progetto FX) specifico per lo sviluppo di un aereo che doveva essere caratterizzato da un peso estremamente ridotto, elevata maneggevolezza in particolare nel range di velocità 0.6 – 1.6 Mach, ad un’altitudine compresa tra 9150 e 12.200 m, ovvero nelle condizioni di combattimento previste.
Tra i vari partecipanti al progetto ne vennero selezionati (nel 1972) due, il General Dynamics YF-16 ed il Northrop YF-17, progetti poi concretizzatisi nei due prototipi che si sfidarono nel 1974 per la scelta finale.
(YF-16 ed YF-17 durante il volo di prova nel 1974 – Courtesy of Wikipedia)
(YF-16 “Fighting Falcon”)
Interessata alle sorti di questa selezione era non solo l’aeronautica USA ma anche la Marina, anche se quest’ultima, una volta individuato nell’YF-16 il vincitore della sfida, preferì spingere per lo sviluppo di un nuovo velivolo sulla base dell’YF-17, aereo che vedrà la suo concretizzazione nel McDonnell Douglas F/A-18 “Hornet”.
L’F-16 condivideva (almeno per un certo periodo) con l’F-15 il propulsore, cosa che, unitamente ad un progetto che ne rendeva la costruzione e la manutenzione davvero semplice ed economica, limitava il costo dell’aereo, nonostante esso disponesse di soluzioni avanzatissime quali il primo sistema interamente elettronico per la guida del velivolo, ovvero senza alcun sistema elettromeccanico/pneumatico di backup ed un’avionica molto sofisticata.
Dotato di un’ala a delta molto estesa con le slitte per i missili alle estremità e da una singola presa d’aria a geometria fissa posizionata sotto il muso, l’F-16 è inoltre caratterizzato da “Stabilità Statica Negativa“, ovvero dalla tendenza a non recuperare l’assetto in seguito ad una manovra, caratteristica che lo rende estremamente reattivo (l’aereo non reagisce “opponendosi” alla manovra ma tende ad agevolarla) ma anche “naturalmente instabile”.
Questa instabilità viene gestita dal computer di bordo il quale, elaborando i dati di volo in tempo reale, invia autonomamente ai sistemi di comando delle superfici mobili le correzioni da effettuare.
(F-16 “Fighting Falcon” in volo)
(F-16 “Fighting Falcon” in decollo)
In virtù delle eccellenti caratteristiche che lo contraddistinguono, l’F-16 ha avuto un grande successo presso moltissimi paesi, e grazie ad aggiornamenti continui rappresenta ancora oggi un velivolo molto importante per la Difesa di diversi paesi che lo adottano.
Anche per la puntata odierna è tutto, l’appuntamento è come sempre lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.