Commentando il pezzo dedicato alle implicazioni “monodevice” di Windows 8, Leonardo Ascorti ha scritto:
In merito al “monodevice”, io invece mi chiedo: è il vero progresso?
Anni fa, il famoso ingegnere e psicologo Donald Norman, considerato da molti un profeta dell’interazione uomo-macchina, nel suo libro “Il computer invisibile”, predicava proprio la fine del monodevice (che all’epoca era il PC) in favore di un’informatica pervasiva, realizzata da diversi oggetti intelligenti capaci di poche funzioni, ma in modo molto più rapido e immediato per l’utente.
Per avvalorare la sua previsione, Norman portava l’esempio dei motori elettici: intorno al 1920 erano in commercio motori elettrici “general purpose”, che potevano essere abbinati ad accessori diversi per svolgere molteplici funzioni. Al giorno d’oggi, nessuno ricorda più quei motori, perché sono stati soppiantati dagli elettrodomestici, che hanno ciascuno il proprio motore, ma l’utente non se ne deve preoccupare più di tanto.
Secondo Norman, lo stesso sarebbe successo con i computer: il PC (o almeno parte delle sue funzioni) sarebbe stato soppiantato dagli “infodomestici”, cioè dispositivi diversi specializzati in singole funzioni, ma molto più semplici da usare. La previsione di Norman ha cominciato ad avverarsi con l’avvento dei sistemi operativi mobili: ora abbiamo smartphone, tablet, smart TV, computer di bordo sulle auto, ultimamente anche fotocamere con Android. Siamo sicuri che tornare al monodevice, anche se con un aspetto molto diverso, sia un progresso vero? Io ho quasi il sospetto che anzi, al contrario, le funzioni dei vari dispositivi siano ancora fin troppo sovrapposte.
Io credo che un futuro ideale il PC rimarrà principalmente come strumento di lavoro (e quindi non necessariamente in tutte le case) e sarà un dispositivo sia touch sia mouse e tastiera in stile Win 8, poi ci saranno gli smartphone per le funzioni di comunicazione e informazione immediata usabili anche mentre si sta camminando o facendo altro, come chiamate, messaggi di tutti i tipi, mappe; i tablet per ciò che si fa “comodamente seduti”, cioè lettura, video, editing di contenuti semplici, le console per i giochi eccetera… mentre le funzioni base come internet e i social network saranno disponibili dappertutto. Ovviamente il quadro è completato dalla domotica, che al momento è ancora molto d’elite.
Confesso di non aver letto il testo che citi, ma per come esponi le teorie dell’autore, trovo non meno valida una visione diametralmente opposta: quella che vuole l’informatica sempre più “embeddata” nell’uomo. Il “monodevice” di cui parlo è l’ur-device che un giorno avremo integrato addosso con dati, applicazioni e identità digitale per burocrazia, pagamenti etc. La domanda è: è più conveniente/sicuro/pratico avere tutto questo seminato in qualche cloud e replicato su n dispositivi o piuttosto averla sempre addosso? Ha più senso interfacciarsi con dispositivi “dumb” a cui il suddetto ur-device fornisce testo e contesto o piuttosto infilare elettronica per rendere “pensante” ogni angolo della casa?
Più nel concreto, Windows 8 nasce con l’idea di unire gli scenari d’uso tablet e laptop, proprio per risolvere la una duplicazione di dispositivi che non si spiega con altro che l’interesse dei produttori hardware a vendere due dispositivi (tablet e notebook) i laddove ne basterebbe uno solo, un tablet con un dock/tastiera. È una complessità inutile non trovi?