Il GPS è ormai stato definitivamente sdoganato da qualche tempo: moltissime persone ne hanno uno, e praticamente tutti i nuovi modelli di telefono ne integrano uno. Estendendo il concetto al mero geotagging, ci sono anche fotocamere e gadget aggiuntivi in grado di associare latitudine e longitudine a ogni scatto.
L’utilità di questi dispositivi è comprovata e non è in discussione, quello che invece si discute su NewScientist è lo scenario applicativo in ambito privacy di una nuova ricerca Microsoft in abbinamento a una capacità trasmissiva di questi device.
La ricerca partiva dal presupposto che conoscere la velocità di un oggetto tracciato via GPS non è sufficiente a discriminare con esattezza quale mezzo di trasporto fosse usato dall’oggetto. Guidare nel traffico di una grande città equivale mediamente allo spostarsi in bicicletta.
Così per sei mesi, nei laboratori di Pechino di Microsoft, 45 volontari si sono lasciati tracciare via GPS e hanno comunicato il mezzo di trasporto usato, producendo dati per circa 20.000 chilometri di viaggio, dando vita ad una base dati abbastanza solida da permettere ai ricercatori di produrre un sistema statistico-matematico in grado di predire con esattezza se il viaggio è avvenuto in automobile o a piedi, o addirittura se durante il viaggio sono stati cambiati mezzi di trasporto (parcheggio d’interscambio, camminata e autobus, per esempio).
L’ambito di applicazione immediato di questa ricerca è la piattaforma Microsoft GeoLife, che dovrebbe consentire agli utenti di ripercorrere viaggi effettuati e guardare foto e video geolocalizzati, oppure di interrogare il livello di traffico nei propri percorsi abituali. Il problema nasce in virtù del fatto che dotare un GPS di un sistema trasmissivo del genere espone gli utenti ad alcuni seri problemi di privacy: chiaramente non si parla di dare accesso ad altri ai propri log di spostamento, e nemmeno di accessi non desiderati ai dati in questione. Ma con il solito refrain del “chi controlla il controllore?” avere tutti quei dati comodamente consultabili, ad esempio, dalle forze dell’ordine, qualche congettura la fa nascere.
Insomma seppur rigorosamente volontaria, l’applicazione di questa ricerca nella vita reale degli utenti è parecchio controversa: all’affermazione “eh, ma c’era traffico!” non piacerebbe a nessuno sentirsi rispondere “si ma tu eri in treno!”…