Commentanto il pezzo intitolato “Facebook, è stata solo una bolla?“, Davide Costantini ha scritto:
Facebook deve puntare alla redditività di lungo periodo.
Zuckerberg è già ricco, non deve spolpare gli utenti per 2 settimane e scappare. Le IPO, in genere, si fanno proprio per fare cassa e diventare più ricchi.
Mark ha conseguito circa 1,1 miliardi di dollari che utilizzerà in buona parte per pagare le tasse. Gli altri soldi, si parla di oltre 12 miliardi probabilmente, li ha la società che li utilizzerà per lo sviluppo dei prodotti e le acquisizioni.
Che Google si basi su algoritmi complessi e Facebook no è completamente errato. Facebook non è un sito dove metti la pubblicità ferma come si fa nei blog (per esempio qui su Appunti Digitali, ma anche su quello gestito da me).
Se Facebook non fa valere il fatto che ha informazioni precise sui gusti dell’utenza a che serve? Ed è qui che appunto vuol fare i soldi.
E Google ha creato plus per avere accesso alle medesime informazioni. [che oggi non ha o al meglio inferisce facendo data mining sulle abitudini degli utenti durante la fruizione dei servizi che mette a disposizione – NdR]
Per piacere non tirate fuori congetture bislacche. Far pagare gli utenti non è mai stato citato da nessun addetto ai lavori, giornalista o analista. C’è già un modo per “far pagare” direttamente l’utenza, sono i crediti di Facebbok, ma verranno spesi per comprare app e non per difendersi da “pubblicità minaccia”.
Questo commento, che dà una lettura a mio avviso corretta del modello di business di Facebook, mi consente di chiarire meglio due punti importanti per una valutazione ponderata della situazione.
1) Facebook a pagamento non ha luogo ad esistere; tutto ciò che si fa in Facebook non ha un valore tangibile per l’utente quanto ce l’ha accedere in anteprima ad informazioni sui mercati (una delle poche cose che su Internet ancora si paga, e profumatamente). D’altronde la spaventosa crescita di Facebook è dovuta da un lato a barriere all’ingresso inesistenti (solo i dati strettamente indispensabili ad accedere al servizio, almeno nella prima registrazione), dall’altro al poderoso effetto volano cui l’assenza di barriere ha contribuito significativamente.
2) Chi detesta la pubblicità, quando (e sottolineo quando) capita che si ponga il problema della sostenibilità economica del sito di cui fruisce, lamenta l’assenza di opzioni a pagamento. Ma un minimo di conoscenza del web insegna che la stessa informazione, un elemento cruciale per la convivenza civile e la stessa prosecuzione della democrazia, quasi nessuno (e a livello mondiale) sul web è disposto a pagarla. È pur vero che sempre meno individui apprezzano i benefici di un’informazione imparziale e autorevole, ma l’esigenza di interconnettersi socialmente sul web rimane molto meno primaria.
Questi due punti per sostenere che, dati gli attuali delta percentuali fra utenti free e utenti paganti, Facebook potrebbe certo sostenersi economicamente con un 1% di utenti che corrispondono un canone annuale, ma perderebbe la massa critica, e in ultima analisi anche quell’1% residuo abbandonerebbe. Opzioni premium per gli utenti non ne vedo, a meno che non si voglia vendere la possibilità di fare stalking.
Quello che FB può fare e d’altronde già fa, è abilitare un accesso sempre più capillare e pervasivo agli advertiser. Il limone c’è già, si tratta solo di spremerlo meglio.