È una domanda che ultimamente ronza spesso nella mia testa.
Quando ho partecipato alla PyCon di quest’anno sono rimasto sorpreso nel vedere che sviluppatori professionisti , legati storicamente a sistemi GNU/Linux, utilizzavano nel lavoro quotidiano macchine Apple (tipicamente MacBook per esigenze di portabilità).
Python è un linguaggio Open Source e quindi è abbastanza naturale trovare in simili contesti team che fanno, di questa metodologia di sviluppo, il perno della propria filosofia aziendale.
Ed Apple, per scelte di marketing, viene collocata invece spesso sulla “sponda opposta del fiume”, perché spinge i propri prodotti puntando sull’unicità degli stessi, sul design, sull’essere quasi status symbol e un po’ glamour, insomma l’esatto contrario dei sistemi marchiati dal famoso pinguino.
Una frase di Fabrizio Milo, membro dello staff organizzatore di PyCon, mi aveva particolarmente colpito, seppur detta col sorriso: “Ultimamente sono passato a lavorare su MacOSX, che è il sistema più chiuso che esista”.
In ambiente accademico la diffusione di computer Apple è invece un dato di fatto da un paio d’anni, probabilmente grazie all’appeal che il marchio della mela morsicata riesce ad esercitare sulle nuove generazioni.
Due indizi fanno una prova? Forse.
Qualche giorno fa’ OSNews ha pubblicato un articolo in cui sono stati raccolti pareri interessanti in proposito.
Nonostante la gioventù della piattaforma, rispetto a all’ecosistema GNU/Linux, Apple dalla sua ha due carte da giocare: l’unicità (un solo Desktop Environment e non dieci) e maggiore usabilità (frutto di guidelines HCI note da più di 25 anni) del proprio sistema unite alla disponibilità di alcuni dei maggiori tool di sviluppo OpenSource come Eclipse, NetBeans e Vim.
La questione è interessante ma al tempo stesso si scontra con un problema di maggiore importanza e che accomuna MacOSX e Linux: essere competitivi con Windows.
In questi anni la Microsoft è riuscita, soprattutto con .NET e Visual Studio , a fornire un ambiente di sviluppo integrato estendibile e talmente solido da suscitare l’interesse di software house terze che rendono disponibili i propri applicativi solamente per la piattaforma made in Redmond.
È chiaro che non è la medesima situazione,in termini di diffusione,rispetto alle percentuali di share del mercato dei sistemi operativi; ma è altrettanto vero che MacOSX e Linux, se vogliono puntare alto, non possono pensare di sottrarsi cervelli a vicenda, ma convincere gli sviluppatori Windows ad abbandonarlo perché in grado di offrire gli stessi strumenti in termini di produttività.