Nei primi anni ’80 i supporti ottici rappresentavano l’avanguardia tecnologica. La sola vista di quei dischi, capaci di contenere quantità abnormi di dati, trasmetteva un senso di innovazione. Scorgerli in una rivista d’informatica o di videogames dell’epoca, per un mini-geek quale ero, significava un immediato sussulto: mi sembravano un secolo avanti rispetto al mio povero Vic-20, quasi provenissero da un’altra dimensione, come nei film di fantascienza.
In questa puntata del nostro venerdì dedicato alla nostalgia informatica, parleremo del supporto ottico forse più misconosciuto e oscuro (almeno in Europa) di quell’epoca, nonché il più imponente: il Laserdisc. Con la bellezza di 30 Cm di diametro, aveva la capacità di contenere circa 60 minuti di video per lato, più due tracce audio digitali o analogiche.
La particolarità del formato, da cui il titolo, corrispondeva per l’appunto nel contenere il flusso video in formato analogico, a causa della mancanza – all’epoca della definizione del formato – di tecnologie di codifica digitale e compressione. L’encoding sul disco avveniva dunque attraverso schemi basati sulla velocità angolare di rotazione o sulla velocità lineare di movimento della traccia rispetto alla testina.
Proprio a causa dell’impiego di flussi video analogici, la lunghezza della traccia video era molto ridotta rispetto a quanto le dimensioni johnholmesiane del supporto lasciassero supporre. Nei lettori Laserdisc di fascia media era infatti richiesto di cambiare lato: molto poco hi-tech ma senz’altro più economico che acquistare un lettore nuovo con supporto alla rotazione automatica della testina, o magari con doppio tray – già, perché molti film richiedevano più di un disco.
La risoluzione video supportata era di 560×480 (NTSC) e 560×576 (PAL): al livello del Super VHS, ma con il vantaggio, portato poi in massa dal DVD, di poter saltare attraverso la timeline del filmato senza dover ricorrere ai noiosissimi “FFwd” e “Rew”.
Fu proprio questa caratteristica a rendere possibile l’impiego del Laserdisc per il leggendario Dragon’s Lair: uno dei primi titoli che ricordi (assieme al successivo Space Ace), a richiedere 4 gettoni per una partita. Partita che tra l’altro si concludeva – perlomeno le prime 100/200 volte – in meno di 30 secondi, fra fragorose salve di imprecazioni.
Primariamente diffuso in Giappone e Nord America, Laserdisc soffrì della competizione con il formato riscrivibile VHS, e scomparì rapidamente verso la fine degli anni ’90, con la diffusione del DVD. Rappresenta oggi l’oggetto di culto di alcune nicchie di pubblico, affezionate alle irripetibili edizioni LD di alcuni film, o piuttosto composte da gente pronta a giurare che LD abbia una qualità visuale tuttora insuperata.
Noialtri sani di mente ce lo possiamo gustare in questo video d’annata: