E’ un marchio che non ha certo bisogno di presentazioni, che ha fatto la storia dell’informatica “di massa” (e non solo), e di cui abbiamo già parlato parecchio su queste pagine.
Da qualche tempo è tornata alla ribalta con la presentazione del C64x, un PC con CPU di fascia alta infilato in un case modellato su quello dell’illustrissimo predecessore, presentato all’esorbitante prezzo di 1500$, che di recente ha lasciato il passo a un modello più economico (“soltanto” 1300$) basato però su una CPU ben più scarsa (un Atom al posto di un i7), ma con una GPU più potente (una nVidia GTS 520: soluzione in ogni caso di fascia molto bassa).
Non paghi di tutto ciò, o forse confortati dalle vendite (per un commodoriano di vecchia data un computer del genere possiede comunque un certo fascino), i dirigenti hanno pensato bene di allargare l’offerta, presentando questa volta prodotti con marchi che richiamano alla mente altri leggendari cavalli di battaglia della (ex) casa canadese.
Negli ambienti la notizia circola già da un po’ di giorni e ha trovato spazio sempre sul nostro sito principale, dove si parla di un paio di modelli denominati Vic e uno… Amiga.
La cosa non deve sorprendere, visto che quest’azienda ne detiene legittimamente i diritti, per cui una mossa del genere era senz’altro prevedibile, ma non ha mancato di suscitare accesissime polemiche, più o meno condivisibili.
Innanzitutto c’è da dire che alla prima presentazione i prezzi erano molto elevati, per cui sono state sollevate parecchie critiche da parte di gente ferocemente indignata. Non che adesso i prezzi siano da “sotto costo”, ma se consideriamo che subito dopo queste proteste è stato operato un consistente taglio (fino a 500$), diventano più che comprensibili le motivazioni che hanno portato a questa nuova infornata di prodotti: far cassa, tanta cassa, sulla pelle degli affezionati.
Non si può spiegare altrimenti questa bruttissima caduta di stile di un’azienda a cui sono bastate delle proteste per abbassare immediatamente i prezzi. Prezzi gonfiatissimi frutto di una speculazione davvero troppo sfacciata, ma che con questa mossa ha fatto cadere la maschera dell’ipocrisia dietro la quale si nasconde la dirigenza affamata di soldi.
Guadagnerà sicuramente di meno, ma parliamo sempre di soldi facili e con margini molto elevati, visto che l’hardware di per sé ha costi molto al di sotto di quelli proposti all’utenza.
Cosa paga dunque il cliente? Semplice: il marchio. Fatta eccezione per il Commodore C64x, che almeno è dotato di un case proprietario (il cui costo non è noto), è tutta componentistica facilmente reperibile da chiunque a buon mercato.
Dunque il “valore aggiunto” di quest’operazione rimane sostanzialmente quello dell’adesivo appiccicato sul case: Commodore, Amiga, e il simbolo storico della casa madre (presente anche… sui tasti del Vic-Slim! Che, personalmente, rimane il più appetibile).
Da questo punto di vista non sarebbero nemmeno troppo da criticare, visto che sugli adesivi hanno puntato anche altre aziende legate al mondo di Amiga & AmigaOS in particolare, anche se è interessante notare come una certa utenza sia avvezza alla critica di Commodore USA per aver osato speculare sui simboli, salvo poi lanciarsi in grida di giubilo per chi ha fatto lo stesso con macchine a loro gradevoli. D’altra parte non si può certo pretendere coerenza da chi ne fa una questione di fede (pseudo)religiosa…
Quest’operazione dà particolarmente fastidio soprattutto alla luce della storia della Commodore, dalla quale è evidente il distacco. Come ha ricordato più volte il nostro Felice negli articoli della sua rubrica, il motto di Jack Tramiel recitava:
We need to build computers for the masses, not the classes [dobbiamo costruire computer per le masse, non per le classi]
Infatti i computer di questa illustre casa hanno avuto una larga diffusione proprio grazie a prezzi decisamente abbordabili rispetto alla concorrenza, e questo non soltanto per i modelli “base”.
Qui, invece, siamo in presenza di macchine dal costo molto elevato in assoluto, tutt’altro che concorrenziali. Il distacco dal passato è, quindi, netto, e l’identità indiscutibilmente perduta.
Un altro elemento che la porta ben lontano è rappresentato dall’utilizzo di marchi apposti a macchine che non hanno nulla a che vedere con quelle che dovrebbero richiamare alla mente. In fondo parliamo pur sempre di PC: solo e semplicemente PC.
Commodore in passato ha commercializzato PC col suo marchio, ma facevano parte di un’apposita linea di produzione, ben differenziata dal resto (Amiga, in particolare).
Coi nuovi modelli ha deciso, invece, di “unire in matrimonio” PC e marchi a essi assolutamente alieni, anziché presentare dei PC come tali, ma sfruttando soltanto il nome dell’azienda e dando continuità alla precedente linea di computer x86.
Non parliamo comunque di computer con installato Windows, ma dotati di un sistema operativo chiamato Commodore OS Vision, derivato direttamente da Mint, una distribuzione di Linux che ha acquisito fama nell’ultimo periodo (complice anche le scelte di Canonical con le ultime versioni di Ubuntu).
Non v’è dubbio che la personalizzazione di questo s.o. abbia portato via tempo e risorse all’azienda (quanto lo saprà l’utenza linuxiana più esperta), ma non appare in ogni caso giustificato l’elevato esborso richiesto per l’acquisto dei suoi prodotti.
Nella comunità Amiga (in verità dovremmo parlare di tre comunità, visto che risulta divisa in fan di AmigaOS4, MorphOS e AROS) ci si è chiesti e si continua a chiedere come mai non sia stato utilizzato AROS (di cui abbiamo parlato in un articolo qui, e in due articoli qui e qui riguardo alla sua più nota “distribuzione”, Icaros), che avrebbe avuto per lo meno il merito di aver messo a disposizione una piattaforma AmigaOS-like.
Commodore USA liquida la questione in poche righe alla prima della domande presenti nella FAQ, e in effetti in precedenza c’erano stati annunci riguardo all’adozione di questo s.o. da parte della casa per le nuove macchine, che sono stati poi ritrattati.
La motivazione risale a un precedente accordo fra Amiga Inc., che ha ceduto i diritti sui marchi a Commodore USA, e Hyperion, azienda attiva nello sviluppo di AmigaOS4, successore dell’originale AmigaOS.
Sembra, infatti, che in cambio della chiusura di un contenzioso legale fra le due, Hyperion abbia ricevuto il diritto esclusivo di utilizzare AmigaOS, marchio incluso, e che Amiga Inc. si sia impegnata a non utilizzarne il marchio anche su sistemi che presentino un s.o. “simile” all’Amiga (e AROS vi ricade sicuramente).
Alla fine, insomma, si ricade sempre in questioni puramente legali su diritti et similia, che stanno contribuendo a lacerare sempre più la comunità Amiga in lotte fratricide, che con mosse come quelle di Commodore USA non posso che acuirsi.
Se tutto ciò è il destino che ci ha consegnato Commodore, forse sarebbe stato meglio cedere il passo ai soli ricordi, magari rispolverando ogni tanto il buon (Win)UAE, il VICE, oppure una vecchia macchina per chi ha la fortuna di averne ancora una…