In queste pagine sono stati riversati fiumi di inchiostro virtuale su Amiga, e non credo di sbagliare se affermo che rimane uno degli argomenti più apprezzati, e di cui mai si stancherebbe di parlare e di leggere, perché a distanza di 25 anni questa piattaforma rimane ancora nel cuore di tantissimi appassionati che hanno vissuto un’autentica epoca d’oro dell’informatica domestica.
Sebbene informalmente, AROS (di cui abbiamo già parlato tempo fa) fa parte di questa lunga storia, in qualità di sistema operativo “alternativo” ad AmigaOS (una sua completa riscrittura open source, nelle intenzioni).
Icaros (di abbiamo fornito un’introduzione in un altro articolo) nasce invece dall’idea di Paolo Besser, celebre giornalista italiano, di fornire un “pacchetto completo” ad AROS, intendendo con ciò tutta una serie di applicazioni (anche giochi!) e funzionalità di cui l’utenza ha bisogno di questi tempi.
Non che AROS non potesse funzionare senza (perché sappiamo che, al pari di AmigaOS, parliamo di un s.o. completo, funzionante già di per sé), ma è indiscutibile che col software sostanzialmente “di base” a corredo non si va molto avanti, perché mancano tante comodità a cui siamo abituati.
Un anno e mezzo circa di distanza sembra un periodo molto lungo, e considerando le pochissime forze in campo non ci si aspetterebbe grosse novità come ci hanno abituato s.o. ben più blasonati, eppure il lavoro svolto dal piccolo gruppo di sviluppatori di questa piattaforma continua a stupire.
A cominciare dall’istallazione, che sulla stessa macchina e stessa chiavetta USB ha portato al sistema pronto all’uso dopo circa mezz’ora: poco meno di un quinto rispetto alla precedente esperienza! Nel frattempo ho provveduto a installare anche l’ultima versione di VirtualBox, che si comporta decisamente meglio (ne parlerò anche dopo), ma che dubito possa essere l’unica causa di cambiamenti così radicali.
Infatti anche il tempo di boot è sceso considerevolmente, anche se non con quest’ordine di grandezza, passando a circa 18 secondi (quasi la metà rispetto a prima), tempo che appare di tutto rispetto, ma che letteralmente impallidisce di fronte ai circa 6 secondi (sempre dall’avvio da Grub) dell’immagine di Icaros Live utilizzata da VirtualBox.
Sempre da VirtualBox, il riavvio del s.o. (sostanzialmente si “salta” l’avvio da Grub) impiega circa 5 secondi, contro i circa 8 da chiavetta. Si tratta sempre di tempi assolutamente incredibili rispetto a quanto siamo abituati con piattaforme più blasonate del calibro di OS X e Windows, per le quali le rispettive case madri fanno i salti mortali per ridurre i tempi di avvio.
Ovviamente non è possibile confrontare la quantità di materiale caricata, sicuramente maggiore in questi ultimi due, ma all’atto pratico Icaros carica tutto ciò che gli serve, inclusa la Dock (con le icone di diverse applicazioni) che rappresenta ormai il suo “centro di controllo”, e l’utente si trova già davanti al sistema pronto all’uso…
Non sono tutte rose e fiori, perché sui PC su cui ho provato Icaros continua a funzionare esclusivamente in modalità VESA, causa mancanza di driver per i sottosistemi video utilizzati (GPU abbastanza moderne di casa AMD). Inoltre non è stato possibile impostare una risoluzione widescreen che meglio si sarebbe adattata ai monitor / display utilizzati.
Si tratta di problematiche di cui ero già a conoscenza, ma che su sistemi desktop si risolvono molto facilmente acquistando un’economicissima scheda video fra quelle supportate, per vedere sfrecciare le finestre di AROS, come m’è capitato col vecchio IBM ThinkPad R40 (purtroppo non più funzionante), rivitalizzato da un s.o. così leggero.
Comunque anche in modalità VESA il sistema risulta discretamente godibile (tranne che per pachidermi del calibro di Directory Opus), segno che il lavoro di ottimizzazione degli sviluppatori continua e i frutti si vedono decisamente. Infatti, complice anche i suoi miglioramenti, anche con VirtualBox Icaros si mantiene utilizzabile, al contrario della precedente esperienza.
Una considerazione analoga vale per l’audio: facendo uso di chipset abbastanza moderni (anche se si tratta di comuni unità AC’97 “HD” integrate), non c’è stato verso di farlo funzionare. Anche qui, una soluzione discreta avrebbe risolto la questione con una spesa irrisoria.
Penso sia chiaro che il problema principale di AROS sia rappresentato dai driver, che rimangono il suo tallone d’Achille. D’altra parte parliamo di un sistema amatoriale, portato avanti da appassionati nel tempo libero, che hanno da fare con un vastissimo parco hardware.
Ciò non toglie che chi vuole godersi la piattaforma al meglio può contare su una lista di dispositivi compatibili sufficientemente ampia, e per tutte le tasche, da permettere di togliersi delle soddisfazioni.
Da questo punto di vista rispetto a un anno e mezzo fa ne è passata parecchia di acqua sotto i punti. Infatti finora non ho avuto blocchi al sistema e mai è apparsa la famigerata finestra di dialogo di Guru Meditation, spauracchio di antica memoria.
Tanti, davvero tanti bug sono stati corretti, grazie anche alla chiusura dei bounty attinenti al port di AROS per gli originali sistemi 68000, che hanno contributo a rendere il sistema molto più solido e accurato in termini di compatibilità con le API di AmigaOS.
A tal proposito segnalo che non servono più le ROM originali e/o i file del vecchio s.o. per far girare emulatori come (Win)UAE (che le include nel pacchetto), oppure applicazioni come l’AmiBridge/Janos-UAE fornito con Icaros: è già possibile sfruttare allo scopo AROS in versione 68000, che nonostante sia un giovane port, si comporta discretamente bene.
Si tratta di un risultato che in tutta onestà si aspettava da una vita, fin dalla nascita di AROS, tanto che negli ultimi anni si pensava che non si sarebbe mai raggiunto, e che è si concretizzato grazie ai due bounty aperti e che avevo citato anche in qualche altro articolo. Un lavoro enorme, di cui ha tratto vantaggio non soltanto il port per 68000, ma tutto il s.o..
Sia chiaro che questo non significa che il s.o. abbia lasciato alle spalle i problemi strutturali che si porta dietro dal primo giorno (mancanza di memoria protetta e resource tracking in primis), ma che il grande lavoro di test e bug fix ha consentito di arrivare a un prodotto decisamente più stabile rispetto alle versioni più vecchie.
I miglioramenti hanno portato ad avvicinarsi nuovi utenti, che a loro volta magari hanno contribuito con le loro segnalazioni e osservazioni, innescando un circolo che si spera diventi sempre più fruttuoso. Fa bene Besser a evidenziare e a gioire dei circa 3000 download di Icaros nella pagina del sito per l’ottimo risultato raggiunto: si tratta di dati non indifferenti per un progetto di questa natura.
Per questo risultato bisogna ringraziare anche la recentissima integrazione di un browser moderno, OWB (Odyssey Web Browser), portato da un s.o. AmigaOS-like “cugino”, MorphOS, non senza citare l’indispensabile lavoro di aggiornamento del framework Zune, “equivalente” del più famoso MUI per Amiga, che di recente è stato aggiornato e a cui sono state integrate un po’ di funzionalità (grazie all’n-esimo bounty; un meccanismo “popolare”, che ha dimostrato di funzionare bene) fondamentali per far girare OWB.
Sappiamo tutti che oggi poter accedere alla rete è diventato praticamente indispensabile (non saremmo qui a discutere!), e per questo lo strumento per eccellenza a cui ci affidiamo è il browser. Per AmigaOS ce ne sono stati diversi, alcuni anche a pagamento, ma si sentiva la mancanza di uno che fosse tecnologicamente avanzato.
OWB è basato su WebKit, il noto render HTML che troviamo in altri browser più famosi (Safari e Chrome su tutti), mentre per il resto l’applicazione è nativa, cioè sviluppata apposta per il mondo AmigaOS e facente uso del già citato framework MUI, popolarissimo e molto usato. Non è, quindi, diverso da quanto è stato fatto con gli altri browser che si basano su questo componente (che è sostanzialmente agnostico dal punto di vista della piattaforma su cui gira).
Senza nulla togliere agli altri aggiornamenti e applicazioni a corredo che sono stati aggiunti (Audio Evolution 4 per gestire tracce audio e FryingPan per masterizzare CD & DVD, sono gli elementi che spiccano di più, ma… c’è tanta altra roba!), non credo di sbagliare se affermo che OWB sia l’elemento principe, quello che fa la differenza rispetto al passato.
Oggi, come già detto, un computer senza un buon browser serve a ben poco. Siamo quasi sempre connessi, e questo strumento ci è assolutamente necessario. Per cui averne uno che supporti già HTML5 & compagnia (sebbene non siano ancora visualizzati i video, e… manca Flash), tecnologie che rappresentano il futuro del web, è davvero un grosso passo avanti per Icaros.
OWB non è certo perfetto (ad esempio m’è capitato di non poterlo chiudere subito: appariva una finestra di dialogo chiedendomi di inserire il “volume 2”, scegliendo poi “annulla” appariva la giusta finestra di dialogo con la conferma dell’operazione), si presenta in maniera abbastanza spartana (ma ampiamente personalizzabile, come da tradizione MUI), però mette a disposizione tutte le funzionalità che bene o male servono al tipico navigatore.
Una cosa che ho notato è la ventola della CPU che gira a pieni regimi anche dopo aver finito di caricare e renderizzare la pagina (operazione abbastanza veloce, specialmente nel PC principale), segno che l’engine dev’essere ancora ottimizzato allo scopo. E’ evidente che al momento si bada più alla sostanza (far funzionare l’applicazione e mettere a disposizione nuove funzionalità) che al perfezionamento dell’esistente, ma è comprensibile vista la natura strettamente amatoriale (questo non significa che non si provvederà mai!).
Infatti passi avanti ne sono stati fatti molti, anche su cose che a prima vista sfuggono. Ad esempio nelle finestre di Wanderer (il “sostituto” del ben più famoso Workbench) è adesso presente un’iconcina che consente di minimizzare la finestra dell’applicazione, riducendola sotto forma di icona su desktop (che riporta l’immagine dell’applicazione e il suo nome), per essere poi ripristinata con un doppio click.
Collegare e accendere la stampante ha fatto apparire la finestra di Poseidon (lo stack che gestisce le periferiche USB), che ha mostrato le informazioni che è riuscito a recuperare dal dispositivo, anche se al momento non sono stato in grado di stampare perché il supporto è limitato alle stampanti Postscript.
Sono segni di un progetto che è vivo, che nell’ultimo periodo è cresciuto molto grazie alla spinta degli sviluppatori, agli utenti che si sono avvicinati, che hanno apprezzato il lavoro, e che si sono affezionati, forse in ricordo dei vecchi tempi.
C’è ancora parecchio da fare (sarebbe bello che venisse messo a disposizione un desktop environment più moderno; si spera in un prossimo port di Ambient, grazie ai miglioramenti dell’implementazione di MUI), ma vedo la strada che porta alla fatidica versione 1.0 sempre più vicina.