Ricordo di aver letto – anche se in questo momento non riesco a reperire la fonte – che Bill Gates, in occasione del lancio di Windows 95, ebbe occasione di sottolineare, in controtendenza rispetto all’ondata di entusiasmo che vedeva lui e Microsoft proiettati verso un inevitabile trionfo, che, malgrado tutto quel clamore, esisteva ancora la possibilità di perdere. “We may still lose”, una frase che a quasi 17 anni dal più spettacolare lancio della storia di Microsoft ha tutt’altro sapore: il mobile, ambito su cui si gioca il presente e il futuro del mercato, è un campo che vede Microsoft fuori dal podio in quanto a quote di mercato, e ancora ben lontana dal raggiungere una presenza significativa.
Serve a poco ricordare le specifiche responsabilità che hanno condotto a questo declino. Quel che è certo è che Windows 8 rappresenta la più grande scommessa dell’azienda dai tempi di Windows 95, la pietra miliare posta di fronte a un formidabile bivio: quello che separa la ripresa dal declino.
D’altronde la criticità della situazione è ben chiara in Microsoft: dopo anni in cui l’azienda pensava, non senza una certa presunzione, di poter tradurre direttamente il successo di Windows su altre piattaforme, ovvero adattare limiti e virtù di Windows ad ogni formato, il cambio di passo è evidente.
Presa nella morsa di Google ed Apple, Microsoft ha dato prova della sua capacità di reazione con Windows 7 e Windows Phone, e si prepara a dare un nuovo significato alla strategia “Windows everywhere” con Windows 8.
Un sistema operativo che nasce con la per nulla modesta ambizione di traghettare il mondo PC nell’epoca del mobile da un lato, e conquistare quote di mercato rilevanti nell’esplosivo mercato tablet dall’altro.
Come giustificare simili ambizioni? Con una strategia che (finalmente) parte da una forte rottura col passato. Una rottura parte dal linguaggio visuale dell’interfaccia e arriva all’hardware, con la fine di Wintel – Windows 8 è il primo OS dopo NT, che può girare su architetture alternative ad x86.
Da questa strategia derivano tutti i rischi e tutte le opportunità che il colosso di Redmond affronta con Windows 8: la retrocompatibilità è stata per lunghi anni la ragion d’essere – se vogliamo in un certo senso il ricatto – con cui Windows ha tenuto sotto scacco il mercato e il mondo degli sviluppatori. Qualunque software non girasse in prima istanza su Windows era destinato al fallimento, e di converso chiunque scegliesse piattaforme alternative e incompatibili era destinato ad utilizzare software di nicchia, anch’esso incompatibile coi formati dominanti, e così via.
Non che oggi il mercato software sia divenuto più fluido, anzi: la battaglia per formati aperti che rendessero i documenti davvero portabili è pelopiù finita in una nicchia, mentre, in attesa di un mercato trasversale di webapp, gli app store “embeddati” mettono l’utente in compartimenti sempre più stagni. Una situazione che starebbe benissimo a Microsoft, se non fosse che è stata l’ultima dei big ad adottare questa strategia, ed è quella che ha più da recuperare.
Se comunque sul fronte tablet si parla ad un’utenza già abituata a questo approccio, il trasporto dell’utenza PC verso la logica dell’app store è ben più complesso. Proprio l’ubiquità di Windows, la sua enorme quota di mercato presso le fasce d’utenza più disparata, mettono infatti Microsoft nell’obbligo di adottare da un lato una strategia ibrida, dall’altro di procedere a passi forzati verso una migrazione il più possibile indolore, che le consenta di limitare al minimo il numero di utenti “light” di PC passati a soluzioni tablet della concorrenza – un trend ben visibile ormai da mesi.
Su Appunti Digitali parleremo ancora nelle prossime settimane di Windows 8 e delle sue novità. Nel frattempo lasciatemi dire che, con la VM di Windows 8 in esecuzione mentre scrivo, sono davvero “gasato” da questa preview: se Microsoft riuscirà a mantenere questo livello qualitativo e nel contempo garantire un’esperienza adeguata delle applicazioni Windows 7 e precedenti, Windows 8 rappresenterà un ottimo primo passo per una strada lunga ed ricca di sfide. Quel che già da oggi posso affermare senza tema di smentita, è che il bagno d’umiltà a cui Apple e Google hanno costretto l’azienda fondata da Bill Gates ha avuto ottimi effetti. Effetti che all’ipercompetitivo Gates sono certo apprezzerà più che una quota dominante dall’alto della quale si può solo scendere.