Il pezzo che segue nasce da una serie di riflessioni sviluppate negli ultimi anni sul tema Wikipedia ed è stato “innescato” da questo pezzo del New Yorker. Il contributo sottostante sarà ripreso, commentato, contraddetto a breve da Eleonora e altri autori di AD che vorranno cimentarsi su questo spinoso tema.
Da qualche tempo a questa parte mi trovo a riflettere sul modo in cui, indirettamente e non certo dichiaratamente, Wikipedia stia insinuando un metodo di approccio alla conoscenza in qualche modo alternativo a quello scientifico. Questa valutazione fa riferimento ovviamente a pagine Wikipedia relative a fenomeni descritti da qualsiasi branca scienza, non certo a quelle prettamente descrittive – il Commodore 64, gli Spandau Ballet etc.
Il punto zero di questo ragionamento è la constatazione che la partecipazione di massa alle sue pagine – e l’invito a rettificare gli errori che si ritrovano, piuttosto che limitarsi a denunciarli – tende a passare, quando non è esplicitamente contrabbandato, come la miglior approssimazione verso una conoscenza obiettiva.
Il che stride particolarmente con gli enormi problemi epistemologici che la parificazione dell’esperto, dello studioso, del professionista con il quindicenne liceale pone. Non si tratta di essere per definizione più prossimi ad un concetto astratto di conoscenza, quanto della tracciabilità dei propri ragionamenti e delle proprie conclusioni in base a un percorso codificato in cui ogni assunto è in discussione, a patto che si rispetti il metodo. Un metodo a sua volta perfettibile – e perfezionato nel corso dei secoli – purché si punti ad una maggior verificabilità dei dati e riconoscibilità degli stessi dalle opinioni.
In generale il metodo scientifico presuppone competenza e richiede il consenso attorno ad un concetto fondamentale: la “verità” circa un determinato oggetto è storicamente determinata, nel senso che è legata a condizioni specifiche e comunque ad un preciso stadio dell’avanzamento della conoscenza come codificata. È perciò sempre e comunque relativa.
Anche in Wikipedia non esiste ufficialmente verità immutabile, definitiva, ma ciò prima di tutto in conseguenza del citato rifiuto – posto alla sua base – di aderire formalmente al metodo scientifico in fase di formulazione delle proprie conclusioni. Il parere del più documentato scienziato sul cambiamento climatico o la genesi della nostra galassia, può essere editato o discusso da un lobbista o da un sacerdote: individui questi che al metodo scientifico antepongono – senza peraltro doverlo dichiarare – in un caso il proprio interesse particolare, nell’altro la fede in un sistema di credenze con parziali riscontri storici (sui quali poi ci sarebbe molto da discutere) chiamato religione Cattolica.
Si dirà: anche lo scienziato può essere parziale. Perlomeno però ha qualifiche e riconoscimenti concreti all’interno della comunità scientifica e si muove in un contesto strutturato, in cui esiste ed è riconosciuta per definizione la differenza fra opinioni e fatti verificati. Il wikipediano è innanzitutto anonimo, dunque da principio non tracciabile in base ai suoi interessi di parte e alle sue convinzioni. In seconda battuta il wikipediano non è tenuto a dichiarare il suo retroscena culturale, e quand’anche lo facesse il suo possedere in maniera riconosciuta delle competenze non lo porrebbe al riparo da contestazioni da parte di utenti anonimi.
Proprio nel difendere l’anonimato Wikipedia getta le basi per un metodo che si propone come alternativo a quello scientifico. Assume anzi una posizione politica chiara e riconoscibile quando antepone l’intelligenza della massa alla competenza della comunità scientifica. Assume una posizione politica nel momento in cui dà per scontato che sia più facile eterodirigere la comunità scientifica che la massa anonima dei wikipediani. Assume una posizione politica quando presuppone che la stessa conoscenza conservata in testi validati dalla comunità scientifica, si trovi nella sua interezza diluita nella massa dei wikipediani, per il solo fatto che questa massa in potenza potrebbe includere l’intero genere umano, scienziati compresi – omettendo però di considerare che la pulsione a scrivere difficilmente è sintomo di competenza.
Assume una posizione politica quando ripone fiducia nella capacità di autoregolamentazione di una comunità di utenti (salvo dover correre ai ripari con gerarchie di controllo, il cui operato rimane comunque discutibile e foriero di sacche di potere). Assume una posizione politica – e di una gravità notevole – quando in ultima analisi mette l’ignoranza del soggetto A sullo stesso piano della competenza provata del soggetto B in nome di un colossale fraintendimento del concetto di “democratizzazione dell’informazione”.
Questa posizione politica, assunta da Wikipedia e dal suo fondatore Jimmy Wales come sopra delimitata, a buon titolo mi pare incompatibile con i presupposti filosofici del metodo scientifico.
La conoscenza deve essere accessibile a chi conosce poco, ma perché resti rilevante, la sua produzione e il suo avanzamento devono rimanere affidati a chi a buon titolo e senza pregiudiziali sulla propria buona fede, conosce molto.
A fronte di questa considerazione, il modello proposto da Wikipedia appare come null’altro che un livellamento verso il basso, una profezia che si autoavvera relativamente all’intelligenza della massa, partendo dal postulato che il frutto di un metodo strutturato ed evoluto nei secoli tanto quanto la media di tre opinioni qualsiasi, rappresenti una buona approssimazione della conoscenza.
PS Con questo non si vuole negare il grande merito che ha avuto Wikipedia nello stimolare e diffondere conoscenza. Il problema è che alla sua base della conoscenza così diffusa si trova un metodo non verificato. Questo problema è reso gigantesco dal fatto che la disponibilità assoluta di Wikipedia attraverso Google stabilisce un implicito legame di sinonimia fra ciò che si cerca e la risposta che dà Wikipedia, il che pone a rischio la conoscenza come fondata su un metodo costruito nei secoli.
PPS Questa è un’opinione.
PPPS La cultura open source non esiste – lo dice un tale di nome Eric Raymond – perché se per il software c’è un ineludibile parametro funzionale, per la verità non esiste alcun riscontro analogo. Un po’ semplicistico ma interessante.