Forse non sarà il momento della verità finale, non otterremo delle risposte definitive e indiscutibili, ma credo che con tutta probabilità Martedì 13 Dicembre 2011 sarà un giorno da ricordare nella storia della fisica delle particelle.
Domani, infatti, alle ore 14h00 ora italiana, ci sarà un seminario pubblico al CERN, in cui i rappresentanti dei due esperimenti principali ATLAS e CMS renderanno pubblici i propri risultati riguardanti la ricerca dell’ormai famigerato “bosone di Higgs”. Dopo un’ora di presentazione, in programma c’è un’altra ora di domande aperte, che sarà la pacchia dei fisici del CERN.
Del resto qualche tipo di dichiarazione era da aspettarsela: nel corso degli ultimi mesi, conferenza dopo conferenza, le presentazioni dell’LHC erano tutte nella stessa direzione. La massa possibile per questo povero bosone di Higgs è sempre più ristretta, la maggior parte dello spettro è stata esclusa, per cui non restano che tre possibilità: 1) il bosone di Higgs è proprio in quell’ultima zona di massa che ancora rimane concessa e che nessun esperimento è ancora riuscito ad escludere, attorno ai 125 GeV, 2) il bosone di Higgs è in realtà molto più pesante, migliaia di volte più pesante, escludendo così la possibilità di validare il Modello Standard della fisica delle particelle, oppure, 3) il bosone di Higgs non esiste per nulla, e quindi ci si deve mettere di nuovo in gioco cercando di capire come funziona tutta la fisica.
Dopo vari rumors sparsi nella rete e tra le discussioni dei fisici dell’LHC, sembra che le cose stiano andando nella direzione migliore possibile: pare che sia ATLAS che CMS abbiano trovato delle evidenze (ma come sempre, non ancora del tutto accertate) del bosone di Higgs proprio a quelle energie. Ne sapremo di più Martedì e, se volete, potrete ascoltare il seminario in diretta dal wecast del CERN.
Mi aspetto che il seminario non sia molto comprensibile al pubblico, per cui per quelli di voi che vogliono cimentarsi ugualmente in questa impresa, cercherò di dare qualche informazione di base, che spero possa essere utile.
Innanzi tutto, due righe per rinfrescarci la memoria su cosa sia il bosone di Higgs (che ho già introdotto qui), Ho già accennato molte volte nel corso di questa rubrica al Modello Standard, ovvero all’insieme di regole e definizioni che descrivono “interamente” lo zoo di particelle di cui è formato l’Universo. Le particelle si dividono in due gruppi: fermioni, ovvero particelle con spin semi-intero, e bosoni, particelle a spin intero. Una delle differenze sta nel ruolo che queste particelle ricoprono nel formare l’Universo. I fermioni fondamentali del Modello Standard sono 12: sei leptoni e sei quark.
I leptoni sono elettroni, muoni, tau e corrispettivi neutrini. I quark sono le particelle che formano, per esempio, protoni e neutroni. Accanto ai fermioni, il Modello Standard prevede 4 (più l’ipotetico “gravitone”) così detti “bosoni mediatori”, ovvero particelle che trasportano (o mediano) le quattro forze fondamentali. I fotoni (o gamma) per la forza elettromagnetica, i gluoni per la forza forte, e i bosoni W e Z per la forza debole. La forza debole, che è la forza responsabile del decadimento radioattivo, è una forza che ha dato molti grattacapi ai fisici, poiché risultava molto difficile da descrivere. Per esempio, perché i bosoni W e Z, che trasportano la forza debole, hanno massa mentre i fotoni e gluoni ne sono privi?
Una risposta viene data dal meccanismo di Higgs, secondo cui al momento del Big Bang c’è stata una rottura della simmetria tra il campo elettromagnetico e campo debole, che ha conferito un’energia al vuoto diversa da zero. Questo ha destabilizzato il sistema e ha “donato” una massa ai bosoni W e Z, e al bosone di Higgs stesso che rappresenta la forza o “campo” di Higgs. Quello che sembra a prima vista un’elucubrazione matematica, ha avuto un successo incredibile, riuscendo a predire con esattezza le masse dei bosoni W e Z e spiegando perfettamente il comportamento della forza elettrodebole. Ma tutto questo non riesce ad avere un valore reale, finché il bosone di Higgs non si fa vedere e finché non se ne conosce la massa precisa.
Il Modello Standard infatti, non riesce a predire la massa del bosone di Higgs. Come nota, aggiungo che la massa, in fisica delle particelle, si misura in elettronvolt. Infatti, grazie all’equivalenza di massa energia spiegata dalla famosa formula di Einstein E=mc^2, possiamo usare indifferentemente unità di massa o di energia (con il piccolo trucco di porre la velocità della luce pari ad 1). Si trova così che 1 Giga electron volt, 1 GeV è pari a 1.78 × 10^-27 kg. Ora, risulta che se la massa del bosone di Higgs fosse tra 115 e 180 GeV il Modello Standard rimarrebbe valido fino alla “Scala di Planck”, cioè ad energie pari a 10^16 TeV. Se la massa del bosone di Higgs eccedesse gli 1.4 TeV, allora il Modello Standard risulterebbe non valido, e andrebbe messo completamente in discussione.
Come fare a cercare il bosone di Higgs all’LHC? Il modo principale per creare il bosone di Higgs all’LHC è tramite il meccanismo di fusione gluonica, rappresentato nel diagramma di Feynman qui di seguito:
In questo meccanismo i due gluoni provenienti dai protoni che si scontrano nell’LHC si fondono assieme, tramite un “loop” rappresentato dal triangolo centrale, ovvero una produzione circolare di quark “top”, il quark più pesante di tutti, che domina il processo in quanto è favoreggiato nella sua interazione con l’Higgs.
Vi è però anche un altro modo per generare l’Higgs, ovvero la fusione di bosone vettoriale (vector boson fusion, non ho idea di come tradurlo in italiano), rappresentata qui sotto:
in questo caso, due quark provenienti dai protoni accelerati interagiscono tra loro, generando due bosoni “vettoriali”, ovvero o il W o lo Z. Questi due bosoni poi si fondono assieme dando luogo al bosone di Higgs. Questo processo diventa importante per masse del bosone di Higgs superiori a 100 GeV. Se sentirete parlare di questo processo, al seminario di domani, credo che un punto sia particolarmente interessante. In questo meccanismo, il bosone di Higgs è accompagnato da due jet adronici, ovvero i due quark che danno inzio al processo, accanto ai bosoni W/Z, producono anche una cascata di altre particelle pesanti, che vengono emesse ad angoli molto piccoli rispetto al fascio di protoni. Questa caratteristica rende il processo più facilmente identificabile, nel mezzo del chaos di particelle che abbiamo ogni qualvolta i due fasci di protoni si incontrano.
Il problema del rumore di fondo, o “background”, è un problema molto serio, e immagino che sarà uno dei punti principali nella discussione di domani. Per osservare l’esistenza dell’Higgs, infatti, non si può “vederlo” in maniera diretta, ma bisogna dedurre la sua esistenza misurandone i prodotti di decadimento. L’Higgs può decadere in una lunga serie di particelle secondarie ma, oggi come oggi, solo un paio di “canali” sono rimasti aperti, mentre la maggior parte dei possibili modi di decadimento dell’Higgs sono stati esclusi da esperimenti precedenti (come quelli effettuati al Tevatron) o dall’LHC stesso.
Il canale di decadimento principale di cui sentirete parlare domani è la creazione di due fotoni gemelli. Se la massa dell’Higgs fosse veramente 125 GeV si dovrebbero misurare due fotoni gemelli di 62,5 GeV ciascuno. Il problema è che durante uno degli scontri che avvengono all’LHC di fotoni se ne creano una marea! E con loro ogni genere di particelle: elettroni, pioni, adroni… chi più ne ha più ne metta! Come si fa a capire che i fotoni che misuriamo siano proprio quelli prodotti dall’Higgs? Eh, questa è proprio la domanda da un milione di dollari che si fanno tutti i ricercatori e studenti del CERN.
La risposta sta nel duro lavoro di comprensione della fisica coinvolta e molta molta programmazione. È importante costruire modelli teorici per riprodurre separatamente sua il “background”, ovvero il rumore, i segnali e le particelle che non ci interessano e che disturbano la nostra misura, e il segnale, che sono le particelle che vogliamo vedere noi. Il valore dell’analisi, e quindi il valore della scoperta finale, sta proprio nell’affidabilità di questi modelli. Confrontando i modelli che ci si aspetta con le misure che vengono fatte, possiamo dire infine quale sia la probabilità che una certa misura (per esempio vedere i due fotoni a 62,5 GeV) sia in accordo con un determinato modello teorico.
Come si suol dire, dunque, “stay tuned” e tenete sotto osservazione lo streaming del CERN delle 14h00, raggiungibile a questo indirizzo, per sapere le ultime notizie dell’LHC!
Per maggiori informazioni sulla terminologia che si può aspettarsi durante il seminario, date un’occhiata qui.