Sebbene la qualità di uno scienziato sia valutata in base ai suoi risultati scientifici, personalmente credo che sia altrettanto importante comunicare le proprie scoperte con il pubblico.
Spesso molti fisici vivono in una sorta di torre d’avorio in cui svolgono le proprie ricerche che considerano la cosa più importante del mondo e danno per scontato che il resto del mondo ne capisca l’importanza o, più semplicemente, non si interessano dell’opinione del pubblico. Per fortuna questo atteggiamento sta pian piano scomparendo, e sempre più fisici si impegnano per divulgare la conoscenza scientifica.
Esempi noti sono Stephen Hawkings, Brian Greene, Carl Sagan e molti altri. Tra questi, c’è la fisica teorica prof. Lisa Randall, dell’Università di Harvard Massachusets, che ha appena pubblicato il suo secondo libro, intitolato “Knock on heaven’s doors: how physics and scientific thinking illuminate the Universe and the Modern World“.
Questo libro è particolarmente interessante in quanto la professoressa Randall non si limita semplicemente a raccontare aggiornamenti e speranze per l’LHC, ma dà la sua visione d’insieme sul significato di fare scienza. Come si capisce da una sua intervista sulla rivista Wired, la Randall vuole comunicare non una particolare scoperta o un particolare concetto fisico ma, più in generale, l’intero processo di fare scienza. Far capire che gli scienziati non sono dei geniacci che hanno una risposta a tutto, ma che devono seguire un metodo scientifico, talvolta frustrante, talvolta confuso, ma il risultato di secoli di sviluppo scientifico. Il libro, però, va ben oltre questo: si parla di religione, arte, il significato di probabilità e statistica nella scienza moderna.
Siccome non ho letto il libro (non ancora almeno), mi fermerò qui nella recensione. Quello invece di cui voglio parlare sono i rischi e benefici della divulgazione scientifica. Credo infatti che sia estremamente importante aprire la discussione scientifica con il pubblico, per diverse ragioni. Più volte mi sono trovata a dover rispondere a domande del tipo “Si, ok, ma a cosa serve?” o “Non sarebbe meglio spendere soldi facendo ricerca applicata?”.
Io credo che queste domande non sorgerebbero nemmeno se ci fosse una maggiore consapevolezza da parte della gente su quello che veramente viene fatto nei laboratori e nelle università. La conoscenza è qualcosa che migliora la vita di ciascuno di noi, e tutta la tecnologia, la finanza, il mercato, l’energia, tutta la nostra società è basata sulla natura dell’uomo e la sua comprensione del mondo che ci circonda. Talvolta le applicazioni non sono visibili nel breve termine, o non sono facilmente collegabili direttamente, ma fa parte della nostra evoluzione, ed è solo grazie alla scienza che l’uomo può far progredire la propria società.
Il problema è che talvolta aprire la discussione non è così facile. Prendiamo l’esempio dei neutrini più veloci della luce. Nel momento in cui la notizia ha raggiunto i giornali, però, ecco quello che è successo:
E così abbiamo cominciato a vedere titoloni sui giornali di tutto il mondo che spiegavano come tutte le leggi della fisica fossero state messe in discussione, come tutti fossero già belli e pronti a gettare la relatività di Einstein nelle immondizie. Questo secondo me tocca un po’ il punto più importante della differenza tra l’approccio scientifico e l’approccio dei media: è certamente possibile che la relatività di Einstein sia da reinterpretare alla luce di nuove osservazioni, o che le leggi della fisica debbano essere ripensate, ma questo non avviene semplicemente seguendo una banderuola di qui e di lì: bisogna avere pazienza, aspettare mesi, forse anni prima di avere un risultato che possa essere interpretato correttamente.
Così, l’analsi fatta da Opera sulla velocità dei neutrini è interessantissima ed è giusto prenderla seriamente, così come è stato un gesto coraggioso e giusto comunicare questi risultati al pubblico, però credo che la cosa sia sfuggita di mano alla collaborazione nel momento in cui il resto del mondo si aspettava una risposta nel giro di qualche settimana, e ancora adesso, dopo diverse settimane, vediamo quotidianamento commenti e articoli che interpretano o danno possibili spiegazioni su questa analisi. Purtroppo non è così che funziona la scienza.
Certo, è interessante leggere le opinioni di eminenti scienziati sull’argomento, ma la realtà è che per il momento rimangono quasi esclusivamente parole al vento finché non si riuscirà a validare o invalidare questo risultato con altri dati sperimentali. E questo accadrà solo tra molti mesi, o addirittura anni. La fisica non è un buon argomento di studio per chi non è paziente, ma è sicuramente un ottimo argomento per chi è molto curioso, perché non si dà mai nulla per scontato.
In conclusione, credo che sia importantissimo e che sia un dovere di ogni scienziato contribuire ad aumentare la consapevolezza del pubblico nei confronti della scienza, e che allo stesso tempo, sia importante per il pubblico capire qual è l’approccio scientifico. Questo perché, ne sono convinta, il metodo scientifico sarebbe veramente utile per migliorare la nostra società. Da questo punto di vista credo il libro di Lisa Randall si prospetta un ottimo contributo per costruire un ponte tra la fisica e il resto della società!