Da piccolo, come molti futuri smanettoni della mia generazione, pensavo al Giappone come una terra delle meraviglie tecnologiche: in particolare, riviste come K, Zzap! e TGM, di tanto in tanto rivelavano gadget con caratteristiche straordinarie, che per motivi imperscrutabili non erano importati, se non – col contagocce – attraverso costosissimi canali paralleli.
L’oggetto di cui mi accingo a parlarvi rappresenta uno di questi gadget fantascientifici e, anche se afflitto da una serie di criticità che analizzeremo tra poco, risveglia tutt’ora l’interesse di migliaia di collezionisti in tutto il mondo.
Vi presento dunque il TeraDrive: un progetto congiunto Sega – IBM, lanciato solo in Giappone, che ibrida un Megadrive con un PC, per creare un sistema capace non solo di far operare entrambe le piattaforme separatamente, ma anche di farle in qualche modo interagire.
Per i più giovani o gli smemorati, nel 1988 (Europa 1990) il Megadrive era una console assolutamente rispettabile. Con un buon parco titoli e alcune esclusive di grande successo – Sonic per citare la più famosa – sfidava senza timori reverenziali, almeno negli USA e in Europa, il coevo Super Famicom alias Super NES alias Super Nintendo.
Il Teradrive, lanciato nel 1991, si proponeva dunque di convogliare in un unico prodotto le velleità videoludiche e quelle più prettamente informatiche, strizzando un occhio a chi aveva voglia di cimentarsi nello sviluppo. La peculiarità della piattaforma era infatti quella di consentire, tramite un’area di memoria riservata, l’esecuzione di applicazioni scritte su PC, sull’hardware Mega Drive.
Con il mercato delle console che viaggiava a ritmi sostenuti e la domanda di PC in progressiva crescita, il TeraDrive aveva buone carte da giocare, posto che si riuscisse a posizionarlo correttamente sul mercato.
A queste potenzialità teoriche faceva però da contraltare una dotazione hardware PC piuttosto scadente – nel 1991 il 486 era disponibile da già due anni, ma il TeraDrive veniva inspiegabilmente equipaggiato con un vetusto 286 con massimo 2.5Mb di RAM – e un prezzo fuori scala. Il sistema fu prodotto quindi in quantità scarsissime e riuscì ad essere un flop persino nel tecnologicamente iper-ricettivo Giappone. È oggi rarissimo e molto ricercato dai collezionisti, che sono disposti a spendere cifre interessanti per venirne in possesso.
Fu seguito in Europa da un prodotto simile, meglio equipaggiato dal punto di vista hardware ma privo di ogni interoperabilità fra le due piattaforme: l’Amstrad Mega PC, anch’esso destinato ad un misero avvenire.
A distanza di molti anni, la convergenza fra console e computer è solo parzialmente realizzata. Da un lato i PC hanno acquisito ottime potenzialità videoludiche, dall’altro le console si sono aperte ad usi diversi dai soli videogiochi – sulla PS3 è persino possibile installare Linux. La strada dell’integrazione di piattaforme eterogenee è del tutto superata, eppure personalmente un’ibridazione fra Eee PC desktop e Wii (usando la TV) la vedrei ancora bene…