Quelli di voi che seguono da tempo questa rubrica, sono certamente ormai esperti sulle peculiari particelle chiamate neutrini, e del loro ruolo nel Modello Stardard. Per gli altri, facciamo un brevissimo riassunto.
I neutrini sono particelle leggerissime, con massa quasi nulla (quasi, però!), privi di carica elettrica e soggetti solo e soltanto alla “forza debole”, ovvero la forza responsabile del decadimento nucleare. Per esempio, pensiamo al neutrone, la particella neutra che, assieme al protone, compone il nucleo atomico. Il neutrone non è una una particella stabile ma, se lasciato libero fuori da un nucleo, dopo circa 885 secondi decade in un protone. Per tener conto della differenza di massa tra il neutrone più pesante, e il protone più leggero, l’energia restante deve essere emessa sotto altra forma: il neutrino, appunto.
I neutrini fanno parte della famiglia dei “leptoni“, ovvero sono i fratellini più leggeri e senza carica degli elettroni. Come i fratelli carichi (elettroni, muoni e tau) anche i neutrini si presentano in natura in tre tipi di “sapore“, neutrino elettronico, muonico e tau.
La ragione, secondo me, principale per cui i neutrini sono particelle così interessanti è che rappresentano in un certo senso l’anello di congiunzione tra la fisica delle particelle sviluppata negli ultimi 50 anni, ovvero il Modello Standard, e la “nuova fisica“. Con nuova fisica spesso si intende la ricerca di nuove leggi che possano spiegare fenomeni che attualmente non riescono ad essere spiegati, o almeno non completamente, dal Modello Standard. In particolare il Modello Standard prevede che i neutrini siano completamente privi di massa, esattamente come i fotoni.
Tutto bene, finché alla fine degli anni ’60 il fisico R. Davis non si è messo in testa di validare il modello di produzione energetica del Sole (la fusione atomica) rivelando a Terra i neutrini emessi dal Sole. Durante la fusione atomica che avviene nelle stelle, infatti, si generano un gran numero di neutrini, tutti di sapore “elettronico”. Facile a dirsi ma difficile a farsi, però, perché l’esperimento di Davis, per quanto di ottima realizzazione, riusciva a vedere solo un terzo dei neutrini che ci si aspettava da Sole. Si è dovuto aspettare l’anno 2000 per capire la radice del problema. L’esperimento SNO, infatti, è in grado di riconoscere non solo i neutrini elettronici, ma anche quelli di altri “sapori”. Si è quindi osservato che i neutrini prodotti dal Sole, per quanto di natura elettronica all’origine, cambiano il proprio sapore durante il loro viaggio verso la Terra, arrivando anche sotto forma di neutrini muonici e tau.
Gli anni successivi hanno visto un proliferare di esperimenti atti a comprendere le proprietà fisiche dei neutrini e la fisica delle “oscillazioni” (ovvero la proprietà di cambiare sapore), soprattutto grazie agli sforzi di gruppi italiani (situati nei Laboratori del Gran Sasso) e giapponesi (nella miniera di Kamioka). Molto si è capito, ma tanto è ancora da scoprire. Uno dei problemi sorge dal fatto che per poter spiegare l’oscillazione dei neutrini è necessario che questi ultimi abbiano una massa. Molto piccola, è vero, ma pur sempre diversa da zero. Questo va contro la fisica del Modello Standard, e richiede qualche trucco per essere spiegato senza ricorrere a nuove teorie.
Fin qui possiamo anche accettarlo, ma ci sono altre cosa da comprendere. Tramite l’osservazione di neutrini solari e neutrini atmosferici si è riusciti a porre dei limiti molto restrittivi sulla differenza tra le masse dei neutrini presi a coppie (1-2, 2-3). Inoltre la probabilità di un neutrino di oscillare verso un altro neutrino dipende dal sapore del neutrino: non è sempre uguale per tutti. Attualmente uno dei maggiori sforzi per lo studio delle proprietà fisiche dei neutrini è fatto dall’esperimento T2K (Tokai-to-Kamioka), in Giappone. Il recente acceleratore di protoni presente in Giappone (J-Parc) produce anche un fascio di muoni, degli elettroni più pesanti che decadono in elettroni, producendo anche neutrini. Si ha quindi un fascio collimato di neutrini che arriva fino alla montagna di Kamioka, dove il rivelatore di Super Kamiokande può studiare queste particelle, come si può capire dalla figura qui sotto.
Il 15 Giugno scorso, l’esperimento T2K ha pubblicato un risultato veramente molto interessante: ha infatti osservato l’oscillazione di neutrini muonici in neutrini elettronici. Embé, direte voi, non è quello che si sapeva già? Non proprio, infatti come ho detto la probabilità di oscillazione dipende dal tipo di neutrino, e finora si pensava che la probabilità di oscillazione da neutrino muonico a elettronico fosse nulla. Questo risultato ha delle conseguenze molto interessanti, soprattutto se affiancato ai risultati dell’esperimento americano MiniBooNe e la cosi detta anomalia LNSD, ovvero l’osservazione che gli antineutrini (le anti particelle dei neutrini) oscillano di più dei neutrini. Queste osservazioni aprono nuove finestre nella fisica moderna, che potrebbero aiutarci a spiegare la differenza tra materia e antimateria nell’Universo e a comprendere a fondo l’interazione debole, che ci porta a cercare così tenacemente il Bosone di Higgs, ma che forse può avere anche altre spiegazioni…..