In questa rubrica abbiamo avuto modo diverse volte di parlare dell’acceleratore di particelle costruito al CERN, l’LHC (Large Hadron Collider). Sappiamo quindi che, sebbene le ricerche scientifiche portate avanti in questo laboratorio siano le più disparate, quella che sicuramente ha colto maggiormente l’interesse dei media e un po’ di tutti noi è la ricerca del Bosone di Higgs, anche soprannominato dalla stampa, la Particella di Dio.
Nella visione della fisica descritta dal Modello Standard, tutte le interazioni che osserviamo possono essere descritte da quattro forze fondamentali: la forza nucleare forte, la forza nucleare debole, la forza elettromagnetica e la forza gravitazionale. Ciascuna di queste forze descrive le interazioni tra le particelle elementari del nostro Universo, i quark e i leptoni. I quark sono le particelle che, per esempio, compongono i protoni e i neutroni, e quindi sono i mattoni del nucleo atomico. I leptoni sono invece particelle come gli elettroni, i muoni o i neutrini. Ciascuna di queste forze è trasportata da una particella molto particolare, detta “bosone mediatore“, che viene scambiata tra una particella e l’altra mentre la forza agisce.
La forza forte agisce tra i quark, tenendoli uniti all’interno del nucleo. Il bosone mediatore che trasporta la forza forte è il gluone, il cui nome deriva da “glue”, colla, a indicare quanto forte è l’attrazione che causa. La forza elettromagnetica agisce tra tutte le particelle dotate di carica elettrica, e il bosone che la trasporta è il fotone. La forza gravitazionale è di gran lunga la più debole e quindi la meno compresa, almeno da un punto di vista quantistico. Il bosone mediatore è chiamato gravitone, ma non è ancora stato osservato. La forza debole invece, è la forza responsabile del decadimento radioattivo beta, per esempio, ovvero del decadimento di un neutrone in un protone. Il bosone che trasporta questa forza è chiamato W nella sua forma carica (W^+ o W^-) e Z nella sua forma neutra (Z0). Questi bosoni, teorizzati da Glashow, Salam e Weinberg, e osservati dal gruppo condotto da Carlo Rubbia, hanno una particolare caratteristica rispetto ai bosoni che mediano le altre forze: hanno una massa. Infatti sia i fotoni che i gluoni che i gravitoni sono completamente privi di massa. Al contrario i bosoni W hanno una massa di circa 80 Gev/c^2 mentre gli Z hanno una massa di 91 GeV/c^2. (La massa delle particelle viene misurata secondo la famosa relazione E = mc^2, dove l’energia è spesso espressa in elettronvolt). La ragione per cui questi bosoni hanno massa è da ricercarsi nel così detto “meccanismo di Higgs”, che ipotizza l’esistenza di una particella scalare (un particolare tipo di bosone) con cui le particelle interagiscono, acquisendo una massa. Il bosone di Higgs, quindi, responsabile della massa dei bosoni Z e W (e per estensione di tutte le altre particelle) è la chiave di volta del Modello Standard.
La sua ricerca è cominciata molto tempo fa. Già nel lontano anno 2000 la collaborazione di Aleph, uno degli esperimenti del LEP, l’acceleratore antecendente all’LHC, ha dichiarato di aver osservato una particella con una massa di circa 115 GeV/c^2. In quel momento la statistica, ovvero il numero di eventi osservati, non era sufficiente per poter dichiarare una scoperta. Inoltre, il LEP era nella fase finale della sua vita e tutti erano già molto orientati verso la costruzione dell’LHC. Queste dichiarazioni di Aleph, quindi, sono rimaste a metà tra possibile scoperta e grande errore. Per quasi 10 anni, quindi, l’attenzione si è spostata dal CERN, non attivo, agli esperimenti americani, in particolare quelli dell’acceleratore Tevatron, vicino a Chicago. Tutti i gruppi del Tevatron hanno cercato di osservare il Bosone di Higgs, ma senza successo. Da un lato l’energia delle particelle che vengono collise al Tevatron è troppo bassa per poter generare un bosone di Higgs molto massivo. D’altro canto un bosone di Higgs leggero è molto difficile da rivelare. Il modo più comune per creare un bosone di Higgs con masse nel range da 100 a 200 GeV/c^2 è la “fusione di gluoni”:
come vediamo nell’immagine, due gluoni (le molle rosse) si fondono assieme per generare un Higgs (la linea tratteggiata blu). Questo Higgs può poi essere rivelato tramite il sue decadimento in altre particelle “standard” come leptoni o fotoni. Il problema, qui è che quando si fanno questi esperimenti scontrando particelle, si crea una marea di particelle contemporaneamente, tutte che se ne vanno, decadono e lasciano un segnale nel nostro rivelatore. Bisogna quindi sviluppare delle analisi molto complesse per essere capaci di identificare e separare le “firme” di ciascuna di queste particelle. Il decadimento di un bosone di Higgs in una coppia di fotoni o di leptoni è un evento raro, ma molto simile ad altri eventi molto molto più comuni. Bisogna quindi cercare di separare questo evento da tutti gli altri simili ma meno interessanti, chiamati “background”, rumore di fondo.
Ebbene, un team dell’esperimento ATLAS, dell’LHC, guidato dalla stessa ricercatrice che ha rivendicato l’osservazione dell’Higgs all’esperimento Aleph 10 anni fa, sostiene di aver osservato nei dati dell’LHC del 2010 e 2011 un eccesso di eventi di questo tipo (il decadimento dell’Higgs in due fotoni) esattamente alla stessa energia di 10 anni fa: 115 GeV/c^2.
Questa nuova rivendicazione, è un “rumor” che è uscito dalla comunità scientifica senza il diritto di farlo, tramite il commento ad un Blog che segue le scoperte scientifiche giorno per giorno. Ricordiamo quindi che prima di essere una vera scoperta, questo lavoro deve essere giudicato dagli altri membri della collaborazione di ATLAS, che devono approvarlo. Dopodiché il lavoro è pronto per essere sottoposto a una rivista scientifica, che lo valuterà con il sistema di Peer Review e deciderà se è pronto per la pubblicazione.
Al momento quindi, ricordiamolo, questo lavoro è ancora a livello embrionale, e non avrebbe dovuto essere reso pubblico. È però successo, e quindi, a questo punto cerchiamo di commentarlo. Non essendo parte della collaborazione di ATLAS non ho accesso alla nota completa, ma basandomi sulle informazioni rilasciate e sulle discussioni informali con amici che lavorano su ATLAS posso darvi la mia (modesta) opinione. Dubito che questa particella sia l’Higgs. Lo dubito perché il numero di collisioni avvenute all’LHC è ancora basso, e quindi non permette ancora di essere competitivi con il Tevatron, nel range di energia comune. Quando si fa un’analisi di questo genere, bisogna applicare una tecnica chiamata “blinding strategy” ovvero la tecnica a doppio cieco. Infatti, se io mi aspetto di trovare una particella a 115 GeV e devo sviluppare la mia analisi per trovarla, posso introdurre un “pregiudizio” (in termini tecnici si usa il termine inglese “bias”), con il quale modificherò la mia analisi per vedere quello che voglio vedere. Per evitare questo problema bisogna introdurre la tecnica doppio cieco, per esempio introducendo un fattore di “penalità” che tiene conto della probabilità che la particella abbia una massa diversa da quella che vorrei vedere io. Questa analisi, a prima vista, sembra non avere questa protezione. Osservando questo lavoro sorgono anche altri dubbi. Perché il Tevatron non ha visto questo eccesso, se è così chiaro come si sostiene? Si può pensare che questo segnale sia generato da una particella molto massiva, diversa da qualsiasi altra particella del modello standard, una particella supersimmetrica per esempio, che il Tevatron non era in grado di generare a causa della più bassa energia delle collisioni. Rimane però una spiegazione un po’ campata in aria, perché il segnale che il gruppo di ATLAS sostiene di aver visto è veramente imponente, ed è poco probabile che nessuno lo abbia intravisto in precedenza.
Queste, ovviamente, sono solo le mie opinioni personali, basate su una conoscenza superficiale di un lavoro ancora non pubblico (e che, a mio avviso, non vedrà mai la luce), ma sono condivise anche da un altro fisico in questo blog.
È stata però una buona occasione per spiegarvi come funziona un’analisi in fisica delle particelle! :-)