La sostenibilità economica dei progetti open è un tema che mi sta molto a cuore. Ho approfittato in un precedente articolo della disponibilità dello sviluppatore Flavio Tordini per sfiorare l’argomento nell’intervista che mi ha gentilmente concesso. Quello che vorrei fare oggi è l’analisi di un fenomeno che negli ultimi anni sembra essersi consolidato.
Parleremo dei bounty. Se state immaginando panorami sabbiosi, saloon, sparatorie a mezzogiorno mettete freno alla vostra fantasia. Anche in questo caso si tratta di “mettere una taglia”, ma non sulla testa di un bandito.
Il principio di base è quello delle donazioni ma la pratica è leggermente differente. Invece di chiedere agli utilizzatori una donazione generica si cerca di fare in modo che chi utilizza il sofware possa incidere con i propri soldi in maniera diretta sullo sviluppo di una determinata caratteristica che gli sta a cuore.
I gestori o gli sviluppatori stessi di un progetto fissano una quota necessaria per lavorare a tempo pieno ad una caratteristica ed al raggiungimento iniziano ad implementarla.
Fondamentalmente si tratta di una riproposizione in ambito comunitario di quello che succede da svariati anni con le grandi aziende. I maggiori progetti open hanno una base di donazioni, sponsorizzazioni e forza lavoro offerte da aziende che su questi prodotti hanno costruito un business.
Ovviamente non tutti i progetti riescono a suscitare l’interesse di giganti del calibro di IBM ma ultimamente la svolta sociale del web è riuscita a dare eco anche a piccoli progetti, magari non ancora particolarmente rilevanti dal punto di vista dell’adozione, ma abbastanza interessanti da raccogliere intorno a se comunità di appassionati.
Così, utilizzando i bounty, progetti come AROS (di cui avrete sicuramente letto su queste pagine) o Haiku OS sono riusciti a raggiungere obbiettivi importanti in tempi ragionevoli. Appena la settimana scorsa per esempio è stata raggiunta la cifra di 2000$ per il porting di gallium3d su Haiku OS.
Questa pratica comunque non è esclusiva di piccoli progetti, Mozilla e Google da tempo finanziano con premi in denaro una vera e propria caccia alla vulnerabilità per i propri progetti open Firefox e Chromium.
Per avere una visione d’insieme sul fenomeno l’idea del bounty potrebbe essere estesa a quella del “finanziamento preventivo” che piattaforme sociali come kickstarter hanno portato agli onori della cronaca.
Quest’ultima pratica in particolar modo si è spinta fuori dall’ecosistema software: se fate un giro su kickstarter potrete trovare veramente di tutto… da tagliatrici laser ad analizzatori di protocollo USB hardware passando per social network distribuiti.
Insomma… se volete finanziare qualche progetto in cui credete o volete buttarvi dall’altra parte della barricata per cercare fondi vale la pena conoscere queste possibilità.