Che le vendite di prodotti Windows Phone 7 non siano del tutto soddisfacenti lo suggeriscono alcuni elementi non del tutto campati in aria tra cui:
- notizie poco incoraggianti dai rivenditori;
- una promozione come la “paghi uno, prendi due” negli USA, su prodotti freschi di lancio;
- notizie poco incoraggianti sulle vendite da un partner come LG;
- il fatto che Microsoft abbia diffuso esclusivamente i dati relativi ai terminali consegnati al canale di vendita e non a quelli venduti.
Nei pochi casi in cui ho usato Windows Phone 7 ne ho ricavato un’impressione positiva: una UI intuitiva e coerente rende semplice l’interazione con le funzioni essenziali. In ambito marketplace applicazioni la strada da fare è ancora molta, ma questa non è una sorpresa vista la gioventù della piattaforma.
Di converso WP7 non rappresenta il telefono giusto per chi ama smanettare e cerca dal telefono una varietà interminabile di funzioni e applicazioni. È piuttosto l’apparecchio giusto per utenti che cercano dal terminale una funzionalità immediata, senza perdere tempo su settaggi, task manager e simili: una evidente rottura rispetto alla filosofia ispiratrice di Windows Mobile.
Con WP7 Microsoft ha dunque imboccato una strada dalla quale molto difficilmente si torna indietro, un reset della sua piattaforma mobile che presenta rischi ed opportunità. Un percorso ibrido fra quello di Google e il saldo controllo sulle specifiche hardware e sul software di iPhone.
Ad oggi sono numerosi e di spicco i brand che adottano WP7, offrendo alla piattaforma una copertura piuttosto estensiva – a fine dicembre 2010 esistevano 10 modelli per 60 operatori e 30 paesi.
Cosa frena dunque la piattaforma smartphone di Microsoft dal successo sul mercato? Sorvolando su qualche errore di gioventù, proviamo ad abbozzare qualche ipotesi, fermo restando che per un dispositivo così diverso dai predecessori e di così recente lancio, è necessario guardare ai risultati di vendita in una prospettiva di medio termine.
C’è chi, come Horace Dediu di Asymco, si è posto la questione in questi termini: dopo iPhone e Android, a presidiare segmenti di mercato solo in parte sovrapponibili, c’è spazio per una terza piattaforma? Nel porsi questa domanda Dediu ricorda che, mentre ad oggi le vendite di dispositivi Windows Mobile sono ancora significative (con prezzi inferiori ai 200€), si vendevano più terminali WinMo nel 2003 che WP7 nel 2010 oggi.
Una possibile diagnosi rispetto ai problemi descritti risiede nella stessa strategia adottata da Microsoft: se WinMo ricalcava in buona parte la filosofia di Windows, con in più la possibilità data all’OEM di personalizzare l’interfaccia, con WP7 si continua a delegare la produzione dell’hardware e il branding a terze parti, ma nel contempo non si lascia ai produttori una totale libertà, ponendo requisiti hardware stringenti per garantire un’esperienza del prodotto soddisfacente.
Va precisato che WP7 rappresenta il primo vero OS per smartphone di Microsoft, laddove WinMo era piuttosto l’evoluzione di un OS per PDA, adattato a telefoni con connettività. Al contrario di WinMo, WP7 ha una vocazione consumer e delle funzionalità che riflettono questa vocazione. I citati requisiti hardware innalzano tuttavia il prezzo di vendita, che si colloca su una fascia medio-alta (da 350 ad oltre 500 €).
Questi elementi pongono i terminali WP7 in diretta concorrenza con titani del calibro di iPhone e la fascia medio-alta di Android. Rispetto a entrambi tuttavia la piattaforma sconta una strutturale immaturità; rispetto ad Android poi, a parità di hardware, il costo della licenza WP7 innalza il prezzo finale del prodotto. Il che giustifica la determinazione con cui Ballmer ha portato avanti la causa contro Motorola per i brevetti Microsoft che l’OS “open” di Google violerebbe.
Nel frattempo Android, con già 2 anni di evoluzione alle spalle, rimane gratuito per gli OEM, che lo hanno adottato su terminali dai costi bassissimi (€ 99) e dotazioni hardware rispettabilissime. In altre parole la tattica che ha fatto il successo di Microsoft nel mondo PC, sta oggi funzionando per Google, che può permettersi di offrire Android gratuitamente in quanto ne supporta i costi di sviluppo con ricavi (o la promessa dei ricavi) sul fronte pubblicitario mobile.
In attesa di conoscere l’esito della causa contro Motorola, davanti a Microsoft si parano grossomodo tre strade:
- rivoluzionare il business case di WP7, in maniera da collegarlo ad economie diverse dalla semplice licenza (attraverso accordi di revenue sharing con content provider, network di advertising etc.) ed abbattere in proporzione i costi di licensing;
- sviluppare un hardware brandizzato a la Zune, con tecnologia allo stato dell’arte abbinata a un design unico, per attivare una promozione focalizzata su una proposta di valore più tangibile;
- abbattere i prezzi, incrementare le spese di marketing.
Le prime due soluzioni sono tutt’altro che inedite, essendo state percorse da Google e da Apple. La terza ipotesi potrebbe aiutare Microsoft a raggiungere quella massa critica di clienti necessaria ad attrarre gli sviluppatori e in ultima analisi ad accreditare definitivamente la piattaforma come terzo contendente nell’arena già occupata da iPhone e Android.
Il che ha senso anche per un motivo strutturale: pur prospettandosi una larga crescita del mercato smartphone nel 2011, è facile che questa avvenga perlopiù su terminali entry level. La succitata operazione “paga uno prendi due”, potrebbe dopotutto fare per WP7 molto più (e prima) delle rimanenti opzioni prospettate.