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Frandrake in un recente articolo si chiede se ci sia una Italia 2.0. La domanda è molto attuale nella blogosfera, e sono numerosi i blogger che hanno provato a dire la loro sull’argomento. Proviamo a fare una ricostruzione dei fatti per riuscire se possibile ad arrivare ad una qualche conclusione, o perlomeno a portare un contributo al dibattito in corso.
Possiamo indicare come motivo scatenante della discussione il post di Stefano Epifani, docente universitario di Comunicazione Interattiva, che ha bocciato una studentessa che pur lavorando in un centro media non ha saputo dare una definizione seppur vaga di web2.0.
Il post, come accade quando si scrive di argomenti interessanti e coinvolgenti ha aperto un dibattito, inducendo Roberto Dadda a chiedersi:
Ci serve davvero un termine tanto fumoso e inconsistente?
Roberto contesta la nota definizione data per primo dal team O’reilly,
“Web 2.0 is a set of trends – economic, social, and technology trends – that collectively form the basis for the next generation of Internet: a more mature, distinctive medium characterized by user participation, openness and network effect”
Proprio la stessa definizione ripresa da Alberto D’Ottavi secondo cui tale definizione è sia esplicativa che predittiva, capace cioé di spiegare e prevedere cosa è e cosa non è il web2.0.
I protagonisti di questo breve escursus non sono giunti ad una sintesi delle loro posizioni, né sono gli unici intervenuti, in molti altri hanno espresso la porpria opinione con altri articolo e commenti.
Anche io ho detto la mia, commentando l’articolo di Roberto Dadda per sostenere che si, c’é un qualcosa di convenzionale ed indefinito nel termine web2.0, e probabilmente se ne abusa, ma il termine ormai rappresenta, a torto o a ragione, una fase della storia evolutiva della Rete.
Il paragone è con i periodi storici, che si susseguono in maniera convenzionale, fissati in un anno di inizio ed uno di fine, ma che in realta sono tappe di un continuum.
E allora qual è la conclusione? Esiste il web2.0?
Ripercorrendo mentalmente tutto il percorso sin qui descritto ho pensato che forse la nostra difficoltà nel trovare una definizione chiara e soddisfacente per tutti dipende dal fatto che ci troviamo proprio nel mezzo di quello che vogliamo definire.
Il Web2.0 è anche la possibilità di tenere una conversazione così allargata e partecipativa, da parte di un pubblico a cui sono richieste molte meno competenze sul piano tecnico rispetto al passato, e questo grazie proprio all’utilizzo di linguaggi di programmazione aperti ed alla focalizzazione delle piattaforme sui dati, che sono a loro volta alcune delle principali novità introdotte dal web2.0.
Ci siamo dentro, lo viviamo tutti i giorni e non siamo sicuri che esista?
Magari non si è giunti ad una definizione soddisfacente, ma di certo qualcosa è cambiato.