Di AROS ho già parlato diverse volte dal punto di vista prettamente tecnico, ma m’ero ripromesso di tornarci per una valutazione più da utilizzatore comune (o finale? :D) alla luce della mia esperienza di amighista di lunga data.
A differenza di Linux, che è soltanto un kernel, AmigaOS è sempre stato, al pari di tanti altri, un sistema operativo “completo”, cioè dotato anche di librerie, driver, e applicazioni (linea di comando e “desktop manager” inclusi). Un po’ come un’automobile: chiavi in mano la si fa partire e si può già viaggiare (ok, è una visione semplicistica, ma vi prego di concedermela).
AROS non fa eccezione, e dalla sezione di download è possibile scaricare diverse versioni già “pronte all’uso”, quindi in grado di partire e funzionare autonomamente, anche soltanto da floppy (come da tradizione Amiga!).
La versione “nativa” (quindi non hosted, cioè che gira all’interno di un altro s.o.) è disponibile sotto forma di file ISO compresso in un archivio ZIP che si aggira dai 60 ai 73MB circa, a seconda dell’architettura supportata (x86, x86-64 o PowerPC).
Certo, fa una bella impressione vedere anche una build per i Motorola 68000 (quindi per le macchine “native”, oppure da utilizzare con un emulatore come WinUAE) che “misura” poco meno di 37MB, vuoi per alcune cose che mancano, vuoi per la ridotta dimensione rispetto alle altre ISA (i 68000 generano mediamente codice più compatto, sebbene il compilatore GCC sia da migliorare per questa famiglia di processori), o semplicemente perché finalmente, a 17 anni dal lancio del progetto, se ne intravede il completamento in uno suoi dei punti fondamentali.
La ISO decompressa ha una dimensione all’incirca tripla rispetto allo ZIP (ad esempio 179MB per la x86 e 229 MB per quella x86-64), ma è giustificata dal fatto che AROS integra già parecchia roba nelle cartelle Demos, Development (una tool-chain GCC completa di quanto necessario per compilare progetti con AROS; i programmatori apprezzeranno sicuramente), Extras (altre demo, alcuni giochi, e utilità varie) e Tests.
Se consideriamo che tutto questo materiale aggiuntivo (ci tengo a sottolinearlo) occupa rispettivamente 156 (x86) e 204MB (x86-64) nelle ISO, possiamo capire quanto snello sia AROS a livello di s.o. (parliamo di 23-25MB in tutto, incluso GRUB che da solo si “mangia” circa 2,7MB) e, quindi, in linea con quello che ci aspettiamo da un parente stretto di AmigaOS.
Aggiungo che, anche a causa dell’utilizzo del formato ELF al posto dell’originale Hunk (ne ho parlato ampiamente in un precedente articolo), i binari risultano mediamente più grossi (a volte anche di molto), per cui un eventuale ritorno agli Hunk (con qualche aggiornamento per supportare le nuove architetture, e quelle a 64 bit in particolare che rappresentano il futuro) potrebbe snellire ulteriormente questo s.o..
C’è, comunque, da dire che se le ISO contengono altra roba (ai miei tempi gli “extra” erano inesistenti, causa cronica carenza di spazio: i floppy da 3,5″ a doppia densità imperavano e… costavano!) è perché le esigenze degli utenti sono cambiate nel tempo grazie ai progressi della tecnologia.
Da macchine in cui la memoria di misurava in KB e quella di massa in MB, siamo passati a MB e GB, e di recente a GB e TB. Ci sono molte più risorse a disposizione, e complici programmatori e software house, la gente si aspetta software più comodo, graficamente appagante, ed eventualmente dotato di contenuti multimediali.
Icaros (che trovate qui) nasce, quindi, per allineare l’erede di AmigaOS al resto del mondo, prendendo AROS e immergendolo in un ambiente che ne renda più semplice la fruizione, la prova e/o installazione sul PC (nel disco rigido o, come ho fatto io, in una comodissima chiavetta USB per averlo sempre a portata di mano).
Per una rapida prova (soltanto con Windows, al momento) è, infatti, disponibile l’emulatore/virtualizzatore QEMU già perfettamente configurato, che non necessita di alcuna installazione. Come recita il README, la velocità d’esecuzione non è un granché e lo posso confermare: l’esperienza è orribile anche su macchine ben dotate, col puntatore del mouse che si muove in slow motion e il bordo della finestra che tenta disperatamente di raggiungerlo con una semplice operazione di ridimensionamento.
La situazione migliora provando a utilizzarlo in versione “live” (come AROS, d’altronde), montando l’ISO come fosse un DVD in una macchina virtuale con un virtualizzatore tipo VirtualBox (che ho usato io), ma il sistema rimane comunque poco reattivo per i miei gusti.
Molto meglio masterizzarla su un DVD (riscrivibile 4x nel mio caso) e assaporare questo s.o. nativamente, senza intermediari che possano compromettere l’esperienza. Coi supporti ottici, però, affiora un problema non di poco conto: i tempi di caricamento. A causa del notevole tempo d’accesso (rispetto a un disco rigido), infatti, leggere file, specialmente se sparsi sul disco, risulta un’operazione lenta; mortalmente lenta.
Per eseguire il boot da DVD sulla mia macchina principale, Icaros impiega, purtroppo, poco meno di 2 minuti! L’interfaccia grafica risulta di gran lunga più reattiva rispetto alle altri soluzioni, ma il collo di bottiglia adesso s’è spostato sul lettore: lanciare un’applicazione “pesante” come il browser OWB diventa, così, un vero supplizio.
La soluzione definitiva passa necessariamente dall’installazione, c’è poco da fare. Non avendo dischi rigidi a disposizione da dedicarvi, ho preferito optare per la chiavetta USB, come avevo anticipato, che tra l’altro consente di sperimentare con Icaros su macchine anche molto diverse fra loro, ma soprattutto di portarmi dietro l’intero sistema ovunque vada.
Da questo punto di vista ho avuto due esperienze molto diverse e, per certi versi, strane. La prima è stata sul mio vecchio PC (Athlon64 2800+ socket 754, 2GB DDR 400 e Radeon 9600 Pro); dopo alcuni problemi (per qualche incomprensibile motivo selezionando “Format Partition” nella procedura guidata e proseguendo, si resetteva la macchina; lo stesso succedeva con un banale doppio click sull’icona della Ram-Disk mentre leggeva dal DVD) e 1 ora e 10 minuti circa, Icaros 1.2.2 era installato e il boot, partendo da GRUB, impiegava circa 20 secondi (compreso il caricamento della “dock”, AmiStart).
Sul mio nuovo PC (Phenom II X4 955, 8GB DDR3 1333, Radeon HD 4250 integrata) è filato tutto liscio, ma Icaros 1.2.5 ha richiesto ben 2 ore e 23 minuti per essere installato, e il boot (sempre dopo GRUB) richiede circa 34 secondi (di cui quasi 10 passati davanti a una schermata grigia con la scritta “No bootable media found“).
Le due versioni sono diverse, ma non assistiamo a stravolgimenti (ma, in particolare, a bug-fix e miglioramenti dal punto di vista della stabilità: segno che AROS e Icaros hanno entrambi un’attività comunità a sostegno); il DVD utilizzato è lo stesso, e idem per la chiavetta USB (che, tra parentesi, arriva a circa 15MB/s in scrittura e almeno altrettanti in lettura, senza considerare i tempi nulli di “spostamento delle testine”). Per cui la situazione mi appare anomala. Mi sarei aspettato tempi decisamente ridotti, specialmente in fase di boot; è una cosa sulla quale magari sarebbe bene indagare.
C’è da dire che alla fine ci si ritrova un sistema abbastanza completo. AROS era autosufficiente, sia chiaro, ma Icaros ha numerose applicazioni installate, che fanno lievitare considerevolmente lo spazio occupato dalla ISO. Possiamo dire che lo spazio aumenta all’incirca di un ordine di grandezza in base al target a cui ci si rivolge: AROS “nudo e crudo” 24MB, AROS con strumenti di sviluppo e qualche programma 180MB, e Icaros con ogni ben di dio (o quasi) arriva a 1,75GB.
Non poteva essere altrimenti, poiché col tempo, come dicevo prima, le esigenze degli utenti sono aumentate sempre di più, e avere un sistema ridotto all’osso, a meno di particolarissime esigenze, risulterebbe non soltanto anacronistico, ma “fuori mercato”, quando AROS ha bisogno, invece, di essere sempre più appetibile per allargare la sua base utenti.
L’intuizione di Paolo Besser, che ha realizzato e porta avanti questo progetto (ovviamente con l’aiuto di altre persone e beta tester in particolare) è stata, quindi, lungimirante e motivata da esigenze concrete a cui non è possibile, di questi tempi, non porre le dovute attenzioni.
Sebbene praticamente in tutti i settori (datatype, font, librerie, dispositivi, temi, test/benchmark) e varie utilità di sistema) Icaros porti degli aggiornamenti (o, per meglio dire, delle integrazioni) che auspico vengano presto assorbiti dal ramo principale di AROS (dato anche l’esiguo spazio richiesto), sono le cartelle Development e, soprattutto, Extras che fanno la parte del leone, occupando rispettivamente 384 e 1177MB, contro i 109 e 30MB di AROS (entrambi in versione x86).
Finalmente trovo Python 2.5 a disposizione fra gli strumenti di sviluppo (per chi ama farsi del male segnalo la presenza di Perl 5) col quale ho potuto smanettare un po’ (ma non troppo, visto che il port non è ancora molto maturo e richiede degli affinamenti e sistemazioni), e parecchie altre librerie (anche SDL) e comandi/utilità varie.
Extras, manco a parlarne, è stracarica di roba. Questa non è e non vuol essere una recensione di Icaros o un compendio delle sue caratteristiche, ma una prova su strada di un vecchio amighista, per cui mi limito a segnalare quella che, a mio avviso, è una lacuna che andrebbe colmata quanto prima:
cioè l’assenza di una suite “da ufficio”, strumento ormai praticamente indispensabile nella vita di tutti i giorni.
Per il resto, come potete vedere dall’immagine (ma c’è soltanto una piccola parte di quanto disponibile “dietro le quinte”!) i campi su cui si spazia sono tanti e abbastanza corposi, andando dall’emulazione alle utilità varie, passando per giochi, grafica, internet, ecc..
L’invito rimane ovviamente quello di sempre: provare il sistema (c’è veramente parecchio materiale!) e smanettarci almeno per un po’ di giorni giocando con le applicazioni a disposizione per poterlo apprezzare.
Personalmente devo dire che sono abbastanza soddisfatto, in quanto ho ritrovato quello che era lo spirito dell’AmigaOS che ho (purtroppo amaramente) lasciato circa 14 di anni fa, una volta preso atto dell’ineluttabile fallimento di Commodore e delle sue meravigliose macchine.
Giusto per essere chiari: il look & feel è lo stesso (preciso che, per sentirmi “a casa”, ho provveduto subito a impostare il tema AmigaOS 3.1, al posto di quello standard di Icaros che è un po’ più moderno e gradevole alla vista), e non credo che ci sia altro da aggiungere per uno che ha vissuto quegli anni e quelle esperienze.
A testimonianza di ciò lascio un’immagine che dovrebbe essere piuttosto eloquente:
e mi riservo la scrittura di un altro articolo con una mia riflessione sullo stato del progetto (di AROS, in particolare), esponendo anche qualche idea per una migliore fruizione di questo s.o. “amigoso” (in particolare per le versioni “live” e per la fase di installazione).