I riflettori di tutto il mondo sono puntati su quattro esperimenti del Large Hadron Collider (LHC), ma il CERN è un grande laboratorio, che include centinaia di scienziati che lavorano su esperimenti diversi. Un esempio è la collaborazione ALPHA, un esperimento che vuole produrre ed intrappolare atomi di anti-idrogeno, per capirne le proprietà e risolvere uno dei più grandi misteri dell’Universo: dov’è finita l’antimateria?
L’antimateria è composta da particelle perfettamente identiche alle particelle di materia, ma di carica opposta. Quando una particella e la sua antiparticella si incontrano, annichiliscono, ovvero si disintegrano vicendevolmente rilasciando energia sotto forma di radiazione gamma.
L’elettrone ha un anti-elettrone (detto positrone) che è identico all’elettrone ma con carica positiva. Il protone ha l’antiprotone, e anche il neutrone ha il suo partner anti-neutrone. In quest’ultimo caso la differenza non si nota dal segno della carica elettrica (essendo il neutrone neutro…) ma dal fatto che quando un neutrone e un antineutrone si incontrano annichiliscono. Questo avviene perché la loro composizione interna è differente: se il neutrone è composto di “quark” (i mattoni fondanti della materia) l’antineutrone è composto di antiquark.
Per quanto si osservi l’universo, in lungo e in largo, la materia domina sempre sull’antimateria. Le antiparticelle che esistono solo libere (non legano in atomi stabili, in natura) e hanno una vita media estremamente breve poiché, appena create, si distruggono al contatto della materia.
Ma perché c’è così tanta materia e così poca antimateria nell’Universo?
A rigor di logica, quando il Big Bang ha creato l’Universo, ci doveva essere la stessa quantità di materia e antimateria. Poi, subito dopo, c’è stato quello che si definisce “decouplig”, disaccoppiamento della materia con l’antimateria, dove ha iniziato il dominio dell’una rispetto all’altra. Le ragioni e le cause di questa asimmetria sono attualmente uno dei più grandi misteri della scienza.
Ci sono diversi approcci per cercare di rispondere a questa domanda. L’esperimento ALPHA usa il sistema più basilare che si possa immaginare. Prendiamo l’atomo più semplice che compone il nostro universo: l’atomo di idrogeno. La fisica degli ultimi secoli ci ha rivelato tutti i segreti di questo atomo. Benissimo. Adesso prendiamo la sua controparte, l’anti-idrogeno, e vediamo se si comporta nella stessa maniera, o se ci sono delle differenze, e quali.
Facile a dirsi, più difficile a farsi.
Prima di tutto, dove troviamo un atomo di anti-idrogeno? Come detto, non sono presenti in natura. Il CERN fornisce un apparato unico nel suo genere per creare anti-materia. È un acceleratore di particelle chiamato AD (Antiproton Decelerator – non Appunti Digitali..) che parte dallo stesso flusso di protoni che poi entra nell’anello dell’LHC, ma li dirige verso altro destino. I protoni ad alta energia vengono fatti collidere con un bersaglio fisso. L’energia è così alta che la collisione crea coppie protone-antiprotone. Tramite l’utilizzo di potenti magneti, gli antiprotoni vengono tratti in salvo e decelerati attraverso dei campi elettrici. Una volta rallentati a sufficienza, vengono “shakerati” in una “trappola di Penning” assieme a dei positroni (generati tramite il decadimento dell’isotopo radioattivo di Sodio22) al fine di farli legare assieme creando atomi di anti-idrogeno.
Questi anti-idrogeni, però, non sono più carichi, e quindi non sono più intrappolati nella trappola di Penning. Appena liberi di viaggiare, vengono immediatamente distrutti, e quindi addio studi. Questo è quello che è successo nel 1995, quando il primo atomo di anti-idrogeno è stato creato al CERN. Nel 2002 gli esperimenti ATHENA e ATRAP hanno creato molti atomi di anti-idrogeno, senza mai riuscire a farli sopravvivere per più di qualche manciata di microsecondi. Per poterli studiare con metodi di spettroscopia laser, è invece necessario mantenerli in vita per un tempo più lungo.
C’è però un altro metodo per intrappolare atomi neutri. Si può sfruttare il fatto che, seppur privi di carica, gli atomi possiedono un “momento magnetico“. Creando un campo magnetico non uniforme, che varia da un punto di minimo a un punto di massimo, è possibile intrapolare gli atomi in uno stato quantistico (a un “livello eccitato”) specifico, che viene attratto dal minimo del campo magnetico. Questo metodo è anche utilizzato per studiare gli atomi nel loro livello di eccitazione più basso, il condensato di Bose-Einstein.
In questo modo, l’esperimento ALPHA è riuscito a creare e intrappolare per diversi decimi di secondo ben 38 atomi di anti-idrogeno. Il successo di questo esperimento è spiegato nei dettagli in un articolo pubblicato sulla rivista Nature pochi giorni fa. Aspettiamo quindi fiduciosi il prossimo articolo, che potrà svelarci molti dei segreti di questo aspetto della materia che ancora non comprendiamo.