Nelle precedenti puntate (1,2) abbiamo visto in che maniera il giovane progetto Wayland si discosti dall’architettura di X. Quello di cui non abbiamo parlato sono tutte quelle problematiche non strettamente tecniche che influenzano il successo di qualsiasi progetto. Progetti alternativi a X esistono da tempo, ma sono stati per lo più relegati al mondo embedded (mi viene in mente directFB), e nessuno è mai riuscito a scalzare X dalla sua posizione dominante sulle distribuzioni classiche.
Per quali motivi Wayland dovrebbe riuscire dove altri hanno fallito?
La prima significativa caratteristica che rende ragionevole un percorso di avvicendamento è la possibilità sin da subito di far girare istanze di X come client del nuovo display server.
X Server come client di Wayland
Questa possibilità pur non offrendo vantaggi prestazionali di sorta permette da subito di avere un sistema completamente retrocompatibile (in realtà ci sarebbe anche il piccolo vantaggio di fare lo switch tra sessioni di x in ambiente composito, magari con effetti grafici). Durante la fase di transizione i principali toolkit grafici potranno essere “portati” sulla nuova piattaforma per girare in maniera nativa sul nuovo display server (allo stato attuale sono in corso port delle GTK3 e delle Qt).
Gtk su Wayland
In questo modo la maggior parte dell’ecosistema di applicazioni non avranno bisogno di una riscrittura ma di una semplice ricompilazione. Ovviamente le applicazioni legate in maniera più stretta ad X (per esempio quelle che utilizzano le xlib per disegnare a schermo) dovranno essere portate singolarmente o accontentarsi di girare su un’istanza di X sopra a Wayland.
Se diamo un occhiata al di fuori del mondo linux, uno scenario di questo tipo coincide perfettamente con quanto fatto da apple con Mac OS X, quando abbandonò X in favore di quartz.
Le promesse di retrocompatibilità ad un prezzo ragionevole comunque non bastano per potersi affermare. Quello che serve è una convergenza tra le grandi distribuzioni. Il primo passo è stato fatto da Intel e Nokia che hanno palesato interesse per il progetto e stanno tenendo in conto la possibilità di utilizzarlo per versioni future di Meego (anche se è bene precisare la mancanza allo stato attuale di una vera e propria roadmap a riguardo).
Le dichiarazioni che più hanno scosso l’ambiente sono senza dubbio quelle di Mark Shuttleworth. In un post sul suo blog ha ufficialmente dichiarato che nei piani futuri di Ubuntu c’è la volontà di passare a Wayland. L’interessamento da parte di Ubuntu, sebbene sia stato dichiarato solo di recente, (ricordiamo che il creatore Kristian Høgsberg ha iniziato a lavorare a questo progetto nel 2008 mentre era dipendente Red Hat) è stato molto netto.
Nel suo post Mark ha affermato in maniera decisa di credere che X non sia una base adatta per fornire la user experience che hanno in mente in casa Canonical. Nel suo post ha comunque precisato come il principale problema di X sia il limitato spazio di manovra che offre agli sviluppatori. Sebbene sia possibile implementare in qualche modo su X qualsiasi caratteristica in pratica ci si trova di fronte ad un lavoro enormemente complesso.
Dopo le dichiarazioni di Mark Shuttleworth anche nella mailing list di Fedora, Adam Jackson ha affermato che Wayland sarà probabilmente pacchettizzato per Fedora 15 (gli utenti più smaliziati potranno iniziare a testarlo e riportare eventuali bug). Le dichiarazioni sono naturalmente meno sensazionalistiche di quelle del fondatore di Canonical ma confermano l’interesse generale.
Uscendo dalla cerchia delle distribuzioni persino John Carmack con un tweet ha mostrato interesse per il progetto.
Per adesso comunque non resta che aspettare alla finestra e vedere come evolverà la situazione. Se ci sarà una migrazione sarà sicuramente un processo graduale.