Il 14 Ottobre 2010 il matematico Benoit Mandelbrot è venuto a mancare all’età di 85 anni.
Forse non tutti conoscono il suo nome o le formule matematiche che ha studiato nel corso della sua vita, ma di sicuro tutti quanti hanno visto almeno una volta una raffigurazione della matematica che Mandelbrot ha descritto: i frattali. Tutti noi ne abbiamo sentito parlare e li abbiamo osservati affascinati, magari impostandoli come screensaver per il nostro computer.
Un po’ come la sua creazione, la geometria frattale, anche Mandelbrot stesso rappresenta l’anello di congiunzione tra la matematica pura, l’astrazione intelletuale, e la vita di tutti giorni. Anzi, direi proprio con la natura stessa. Non sempre, infatti, i matematici hanno il dono della comunicazione e la capacità o la voglia di far comprendere ed apprezzare il proprio lavoro al resto dell’umanita. Mandelbrot era però uno di questi. Molto fiero del proprio lavoro, non perdeva occasione di parlarne e, possibilmente, di infarcire il racconto delle tante esperienze che ha avuto nel corso della sua lunga vita, come racconta un altro celebre matematico comunicatore, Piergiorgio Odifreddi.
Tale padre, tali figli, anche i frattali portano nella vita di tutti i giorni il sapore della matematica più astratta. L’idea, nel suo aspetto più rappresentativo, è la ripetizione di una figura geometrica all’infinito. Ingrandendo l’immagine all’infinito si ritroverà sempre la stessa figura, ripetuta perfettamente ogni volta. Questo principio è detto di auto-similarità.
Una delle cose più sorprendenti di questo concetto è l’incredibile semplicità della descrizione matematica. Pur nascondendo concetti, a mio avviso (ma ammetto di non essere mai stata gran che in matematica) complessi, come l’utilizzo delle dimensioni di Hausdorff, la definizione puramente matematica dei frattali rimane estremamente semplice. Il tipo specifico di frattali descritti da Madelbrot, quelli che appaiono su poster e screensaver, sono detti “Insieme di Mandelbrot”. Un numero c fa parte di questo insieme quando la serie, a partire da zero, definita come zn+1 = zn2 + c non diverge all’infinito.
Se per esempio consideriamo c=1. Avremo la serie: 0, 1, 2, 5, 26, …. eccetera eccetera. Questa serie aumenta all’infinito, ovvero “diverge”. Quindi il numero c=1 NON fa parte dell’insieme di Mandelbrot.
Esistono però dei numeri di natura diversa, chiamati “numeri complessi”. I numeri complessi sono quelli il cui quadrato da un numero negativo. La radice quadrata di -1 si chiama, per definizione, i. Avremo quindi che i*i=-1. Se prendiamo quindi il numero c=i, osserviamo che la serie diventa: 0, i, (−1 + i), −i, (−1 + i), −i, … Ovvero si ripete all’infinito in un circolo chiuso. i, quindi, fa parte dell’insieme di Mandelbrot, ed è alla base di figure come quella animata qui a fianco.
Fin da quando ho cominciato a studiare la geometria euclidea, a scuola, mi sono sempre chiesta una cosa: come è possibile che la mente umana venga fuori con dei concetti apparentemente astratti e, in un certo senso, campati in aria (per l’appunto, i numeri complessi), e poi dopo qualche anno venga fuori che questi concetti non sono per niente astrusi, ma descrivono alla perfezione un fenomeno naturale? Guardate il cavolfiore nella prima immagine! Una serie di numeri immaginari ne descrive alla perfezione la forma. Lo stesso vale per un fiocco di neve, un cristallo o addirittura la struttura dei vasi sanguigni nel nostro corpo!
Mandelbrot doveva essere altrettanto affascinato da come la matematica abbia così tanto successo nel descrivere il mondo che ci circonda. Ha infatti scritto diversi libri , come The Fractal Geometry of Nature (1982) e The (Mis)behavior of Markets: A Fractal View of Risk, Ruin, and Reward (2004), in cui descrive applicazioni molto reali della teoria dei frattali. È addirittura possibile scaricare in versione pdf un suo articolo in cui spiega da un punto di vista matematico lo sviluppo della linea costiera della Gran Bretagna.
Il lavoro di Mandelbrot non è sicuramente l’unico, nella storia della matematica o della fisica teorica, che trova un’applicazione pratica di grande importanza. Rimane, però, uno degli esempi più evidenti e di maggior impatto visivo. Un po’ come l’artista olandese Escher, Mandelbrot ha capito che il modo migliore per descrivere l’incredibile complessità dell’Universo è semplificarne la natura e presto si arriva alla conclusione che qualsiasi oggetto (o situazione) complessa è in realtà composta da elementi in sé molto semplici. Vi consiglio però di ascoltare questo concetto direttamente dalla voce di Mandelbrot, in una lezione che ha dato in un TED Talk.