Uno dei primi modi in cui mi sono avvicinata all’astrofisica, da piccola, era fare la raccolta “L’Astronomia”, di cui si potevano comprare i fascicoli in edicola. Era suddivisa in varie sezioni, a seconda dell’argomento: “Sistema Solare”, “Stelle e Costellazioni”, “Osservazioni e Strumenti” eccetera eccetera.
Negli anni ’90, però, nessuno si sarebbe sognato di inserire una sezione “Pianeti Extrasolari”. Eppure era proprio in quegli anni che gli astronomi hanno cominciato ad osservare il resto della nostra Galassia, alla ricerca di pianeti simili al nostro. L’interferometro W. M. Keck Observatory ha ottenuto il primo finanziamento nel 1985 e poco dopo alcuni astronomi molto lungimiranti hanno cominciato le osservazioni, per scoprire pianeti orbitanti attorno a stelle lontane da noi. All’epoca questi scienziati erano visti quasi come dei folli, in paragone cercare un ago in un pagliaio è un gioco da ragazzi.
Oggi, invece, la ricerca degli “exoplanets“, ovvero pianeti extrasolari, è uno dei campi più all’avanguardia dell’astronomia: se fai astrofisica e non ti occupi in qualche forma di questo, sei “out”!
Steven S. Vogt dell’Università della California, Santa Cruz, e il suo gruppo hanno cominciato ad occuparsi di questa ricerca circa venti anni fa, e si sono muniti, come si suol dire, di santa pazienza. Sono state necessarie 238 misurazioni, ciascuna delle quali prende un’intera nottata, lungo ben 11 anni di lavoro, per ottenere il risultato in fase di pubblicazione sull’Astrophysical Journal (qui disponibile la versione elettronica). La soddisfazione di trovare il primo pianeta nella “Zona Abitabile” attorno ad una stella, però, è valsa l’attesa.
Lo strumento utilizzato per questa scoperta è HIRES (High Resolution Echelle Spectrometer), il più complesso degli strumenti del Keck Observatory, nelle Hawaii. L’osservazione di un pianeta è molto più difficile rispetto a quella di una stella, visto che i pianeti non emettono luce se non di riflesso, e sono significativamente più piccoli rispetto alle stelle. Diversi metodi, però, sono stati studiati per poter effettuare queste osservazioni. Uno di questi è il metodo delle Velocità Radiali (RV).
Quando una stella ha un pianeta che le orbita attorno modifica leggermente la propria orbita, a causa dell’interazione gravitazionale col pianeta. Questo causa una variazione nella velocità con cui la osserviamo muoversi dalla Terra.
In particolare la velocità radiale, ovvero la componente della velocità della stella nella direzione di osservazione dalla Terra, risulta modificata quando il pianeta effettua i suoi giri attorno all’orbita. Questo fenomeno può essere misurato osservando le linee spettrali della stella, che cambiano a seconda della velocità di spostamento, a causa dell’effetto Doppler (per questo il metodo è anche chiamato “spettroscopia Doppler”).
La stella rossa Gliese 581, distante circa 20 anni luce dalla Terra, è un’ottima candidata per questa ricerca, infatti essendo una “stella nana” (red dwarf) subisce in maniera più significativa gli effetti gravitazionali dei propri pianeti. Ben 6 pianeti orbitano attorno a questa stella, e due di essi, nominati C e D sono incredibilmente vicini alla zona abitabile attorno alla stella. Peccato che C è leggermente troppo caldo e D troppo freddo per poter rientrare in questa zona.
La Zona Abitabile, o “Goldilock Zone” (facendo riferimento alla storia dei Tre Orsi, a casa dei quali Riccioli d’Oro deve trovare la sedia della misura giusta, il letto soffice in misura giusta …), è una zona all’interno della Galassia in cui vi possono essere stelle che ospitano pianeti abitabili, e una zona attorno a queste stelle dove le condizioni di temperatura e luminosità sono tali da permettere all’acqua di rimanere allo stato liquido e quindi alla vita di evolversi.
Se per il Sole la distanza ideale è, ovviamente, quella della Terra, per altre stelle la distanza può essere diversa. Nel caso di Gliese 581, per esempio, un pianeta deve essere considerevolmente più vicino alla superficie della stella rispetto a quanto non lo sia la Terra. Questo perché Gliese 581 ha solo l’1% della luminosità del Sole, quindi bisogna starci molto più vicino per raccogliere sufficiente calore.
Steven S. Vogt e i suoi collaboratori hanno scoperto un altro pianeta attorno a questa stella, Gliese 581G, in orbita a circa 21 milioni di km attorno alla propria stella (0.14 U.A. cioè 0.14 volte la distanza Terra-Sole), che è proprio nella Zona Abitabile di quella stella.
Il pianeta Gliese 581G ha una massa circa 3 volte superiore a quella della Terra e quindi è probabilmente roccioso. Data la sua massa e la sua distanza dalla stella, si può dedurre che abbia un’atmosfera sufficientemente densa, simile a quella della Terra, e una temperatura media sulla superficie tra i -30 e i -4 gradi centigradi.
Vista la vicinanza e la differenza di massa con il proprio sole, è facile dedurre che il pianeta G mostri sempre la stessa faccia alla stella, proprio come fa la Luna verso la Terra. In questo caso ci saranno zone sul pianeta considerevolemente più calde, e sarebbe sufficiente viaggiare da un continente all’altro per trovare diverse condizioni climatiche.
Ovviamente in un tale scenario, solo la metà illuminata potrà essere abitabile, ma questo pianeta può offrire un’ottima opportunità per lo sviluppo della vita, offrendo una vasta variazione climatica alle varie latitudini.
Un altro vantaggio di questo sistema è la natura stessa della stella. Sebbene le nane rosse siano considerevolmente meno luminose del Sole, hanno un’aspettativa di vita decisamente più lunga. Il nostro Sole ha materiale bruciare “solo” per circa 10 miliardi di anni, dopodiché collasserà per diventare una Nova, portandosi dietro ogni forma di vita nel proprio sistema.
Le nane rosse, al contrario, possono andare avanti per centinaia di miliardi di anni, più dell’intera vita dell’Universo finora. Gliese 581G non ha quindi fretta: ci saranno in futuro, se non ci sono state in passato, occasioni per sviluppare qualche forma di vita sulla propria superficie.
Ma il valore maggiore di questa scoperta sta proprio nel fatto che è stata fatta dopo circa 20 anni da quando si è cominciata la ricerca. Sembra un tempo molto lungo, ma non lo è affatto. Se si considera la quantità di stelle presenti nella nostra Galassia e quante ne sono state osservate per trovarne i pianeti, si capisce come sia quasi incredibile averne già trovato uno. Inoltre Gliese 581 dista solo 20 anni luce da noi: solo altre 100 stelle circa sono cosi vicine al Sole, e di queste solo una decina sono state osservate.
Viste le probabilità in gioco, o abbiamo praticamente vinto il SuperEnalotto, oppure possiamo concludere che una frazione tra il 10 e il 20% delle stelle nella nostra zona della Galassia ospita un pianeta abitabile. Se estendiamo questo numero a tutta la Galassia (o almeno a tutta la zona abitabile della Galassia…. non in pancia al buco nero centrale) e magari a tutte le galassie presenti nell’Universo, si capisce subito la portata di questa scoperta.
Il fantascientifico futuro in cui l’Uomo convive con altre razze all’interno della nostra Galassia, magari viaggiando da un pianeta all’altro, potrebbe non essere poi così tanto fantascientifico…