Sappiamo tutti che il fallimento della Commodore nel 1994 ha distrutto i sogni di milioni di affezionati utenti, di cui ancora oggi una parte continua a seguire il fantastico mondo dell’Amiga.
Sfortunatamente le successive acquisizioni e passaggi di proprietà, i numerosi annunci, hanno provocato sogni di rivalsa che si sono poi trasformati in meste delusioni e ritorni alla spietata realtà: quella della disgregazione di un’azienda che ha fatto grande il mondo dell’informatica, e che poteva dare ancora tanto se avesse avuto un management all’altezza.
Perché è indiscutibile che il potenziale tecnico ci fosse, ma che dovesse fare i conti con gente che avrebbe fatto danni anche se si fosse trattato di vendere patate in Germania…
Dave Haynie, dopo il compianto Jay Miner che ha dato i natali a quel gioiello dell’Amiga 1000, rappresenta ancora oggi IL punto di riferimento quando si parla di queste macchine, essendo stato a capo dello staff degli ingegneri che hanno lavorato alle evoluzioni del progetto originale.
Parlare di come sarebbe potuto essere, o come avremmo voluto che fosse l’Amiga oggi non può certo prescindere dalla strada che aveva tracciato questo carismatico personaggio, e a cui tra l’altro stava lavorando.
Sappiamo, infatti, che già ai tempi del chipset AGA, le idee di Haynie erano ben chiare, come dimostra l’impegno profuso nella realizzazione del prototipo dell’Amiga 3000+ e per l’AAA , chipset che avrebbe dovuto prendere il posto dell’AGA .
Da una parte possiamo notare che l’attenzione era rivolta a un miglioramento della piattaforma esistente, con un occhio di riguardo alla retrocompatibilità (da notare che l’AAA non era compatibile con l’AGA, ma esclusivamente con l’OCS e una larga parte dell’ECS).
Dall’altra la presenza di un impressionante (all’epoca) DSP AT&T 3210, un controller SCSI dedicato ad alta velocità, e una scheda Ethernet, sono evidenti segnali di come la vecchia strada stesse ormai stretta a un ingegnere che aveva le idee chiare sul futuro e voleva ridare linfa a queste macchine.
Rimanere compatibili col passato richiedeva, però, un enorme prezzo da pagare, e infatti nel futuro dell’Amiga non sarebbe rimasto nulla dell’architettura originale. Il progetto Hombre avrebbe messo messo la parola fine a 10 anni di storia, come si può leggere anche da un’intervista al progettista di questo nuovo chipset.
Hardware moderno, con 8 canali audio a 16 bit, pieno supporto al 3D, blitter con funzionalità avanzate, ma con la presenza di 4 playfield fino a 16 bit (65mila colori) che richiamano alla mente il Dual Playfield usato da giochi storici come lo Shadow of the Beast (che non mi stancherò mai di citare).
Un altro colpo al cuore dei fedelissimi integralisti amighisti sarebbe arrivato con l’abbandono della famiglia Motorola 68000, in favore della PA-RISC di HP, rinomata in ambito server e workstation (in parte ispirandosi alla quale Intel e HP avrebbero poi tratto l’Itanium).
Questo chipset, infatti, integrava un core PA-RISC a cui erano state integrate tutte le funzionalità di cui sopra. Era stato pensato per il successore del CD32 , con lo scopo di competere con le console dell’epoca (Sony Playstation e Sega Saturn).
In quanto chipset poteva essere affiancato a un sistema esistente, quindi in presenza di una CPU il PA-RISC si sarebbe comportato come “coprocessore”, ma in assenza era perfettamente in grado di svolgere il ruolo di CPU. Non sono noti altri progetti per dare un seguito al chipset dell’Amiga, per cui è lecito presumere che i futuri modelli avrebbero adottato Hombre.
Se a tutto ciò aggiungiamo che:
- già con l’AGA Commodore non aveva rilasciato le specifiche per programmare direttamente i suoi registri hardware
- lo stesso avrebbe fatto con AAA e con Hombre
- a detta di Haynie AmigaOS 4 avrebbe aggiunto pieno supporto all’RTG e agli agognati chunky-mode
il quadro risulta chiaro: distaccarsi completamente dall’accesso diretto all’hardware, delegando alle sole API esposte dal s.o. il compito di generare e riprodurre la grafica e l’audio, gestire le richieste al blitter (che a questo punto sarebbe potuto benissimo essere del tutto assente ed emulato), visualizzare sprite e BlitterOBject (BOB; entrambi comunque emulabili). Insomma, una situazione simile a quella di AROS, di cui ho parlato di recente.
A tal proposito ho letto di voci riguardo alla possibile adozione di Windows NT per gestire agevolmente le evoluzioni dell’hardware, grazie al livello di astrazione offerto dall’HAL, e relegando a una sorta di emulazione la retrocompatibilità con hardware e software precedente, ma personalmente non ci credo per due motivi.
Il primo riguarda le dichiarazioni di Haynie su AmigaOS 4, che lascia presagire un lungo supporto e sviluppo di questo s.o.. Il secondo è che non riuscirei a spiegarmi il valore aggiunto di una macchina Commodore sulla quale giri Windows NT, rispetto ai PC ovviamente; ma magari è un mio limite.
Questo per quanto riguarda il chipset, ma anche per la CPU il discorso sarebbe stato simile. Era già noto che Motorola, col 68060, avrebbe interrotto questa meravigliosa famiglia di processore, passando il testimone ai PowerPC.
Dunque Commodore avrebbe potuto sfruttare i 68060 ancora per qualche anno, ma per rimanere al passo della concorrenza sul versante puramente prestazionale sarebbe stata costretta ad abbandonarli per salire su un nuovo, vincente, carro.
La scelta dei PA-RISC sarebbe stata perfettamente naturale, se consideriamo anche gli ottimi rapporti di Commodore con HP (quest’ultima l’aveva aiutata anche nello sviluppo di AAA prima e Hombre poi), e ovviamente la presenza di un core di questa famiglia all’interno dell’ultimo chipset secondo me avrebbe pesato particolarmente nella scelta.
Anche per il bus d’espansione, il glorioso Zorro (giunto alla versione 3 con l’Amiga 3000), si sarebbe assistito a una progressiva dismissione in favore del PCI dell’odiata Intel. Il prototipo dell’ultima scheda madre progettato da Haynie ne faceva già uso, e quest’ultimo l’ha pubblicamente apprezzato come ottimo prodotto tecnologico.
Ancora a più lungo termine non è escluso che le macchine Amiga avessero preso a piene mani l’hardware dal mondo PC. Sicuramente per le schede video, vista l’evoluzione che hanno subito quelle PC e gli enormi investimenti in gioco, che avrebbero progressivamente tagliato fuori qualunque concorrente, Commodore inclusa.
Per le CPU un altro cambio, dopo i PA-RISC, sarebbe stato necessario, visto che questi processori non hanno avuto fortuna, se non in ambito HP, e quest’ultima ha poi puntato la propria attenzione sul citato progetto Itanium, di cui è coautrice con Intel. Passare da PA-RISC ai PowerPC avrebbe avuto poco senso, visto che anche Apple li ha abbandonati. Quindi sarebbero rimaste in gioco solo ARM e Intel, ma sul versante desktop quest’ultima rimane più appetibile.
In buona sostanza oggi non avremmo più avuto uno dei due elementi distintivi dell’Amiga: l’hardware. Prendendo in prestito le parole di Steve Jobs all’annuncio del passaggio di Apple agli x86 di Intel, potremmo dire: “quello che conta è il s.o.”…