Comprare un software non equivale a possederlo: è questa la direzione che va prendendo la giustizia USA, confermata da una recente decisione della Corte d’Appello del 9th Circuit relativamente ad una disputa legale fra la Blizzard e la MDY – produttrice quest’ultima di un software che automatizza alcune azioni necessarie per fare livelli su WoW.
La tesi della Blizzard è per l’appunto che il giocatore non compra il gioco ma una licenza d’uso, vincolata dalle condizioni riportate nella EULA. Questa posizione, rigettata in primo grado, è stata accolta in appello. MDY non è stata tuttavia condannata per violazioni di copyright di Blizzard, com’e invece avvenuto nell’analogo caso Vernor v. Autodesk.
In quest’ultimo processo l’azienda produttrice di Autocad ha affrontato un venditore eBay che commerciava copie usate del suo software, sostenendo che l’acquisto di un software equivale non al legittimo possesso ma ad una licenza d’uso non trasferibile. Dopo una decisione sfavorevole in primo grado, Autodesk ha visto invertita la sentenza in appello (sempre nel 9th Circuit). Vernor è stato conseguentemente condannato per l’infrazione del copyright di Autodesk.
Entrambe le decisioni sostanzialmente azzoppano le tutele della sezione 117 della Copyright Law statunitense, secondo cui i proprietari (per l’appunto non i licenziatari) di un software possono disporne pienamente senza sottostare ad ulteriori termini di licenza.
Si tratta di decisioni che possono avere ricadute enormi anche al di fuori del mercato del software: ad esempio nell’audiovisivo.
Chiudo con qualche riflessione sparsa: a questa retrocessione dei diritti connessi all’acquisto corrisponde un allargamento del diritto alla copia privata? O al diritto ad una copia di riserva fornita dal produttore in caso di deterioramento dell’originale? Non mi risulta. Al contrario, nei tempi del gaming online e dei dispositivi sempre connessi, i sistemi anticopia si inaspriscono fino a serrarsi, anche quando ledono le funzionalità. Nel mentre, come abbiamo visto, i diritti legati all’acquisto si contraggono senza soluzione di continuità. I prezzi al consumatore però non calano.
Un’industria che per preservarsi ha bisogno di aggredire i diritti dei suoi clienti dovrebbe forse rivedere le sue priorità, o essere messa in condizione di farlo.