Un buon giovedì pomeriggio a voi, amanti del retrogame e lettori di Appunti Digitali.
Mi scuso innanzitutto per il buco editoriale ma è un periodo di transizioni personali importanti con carico di lavoro estenuante annesso e non ce l’ho proprio fatta a pubblicare in tempo.
Avevo iniziato e correndo forse l’avrei finito ma la prospettiva di rischiare di scrivere frettolosamente mi ha convinto a desistere e posticipare.
Due settimane fa abbiamo iniziato insieme un piccolo viaggio. Un appuntamento a puntate le quali ripercorreranno le tappe dell’esperienza giapponese che ho avuto la fortuna di vivere quest’estate, più precisamente nella metropoli per eccellenza del Sol Levante, ovverosia Tokyo.
Ho molto riflettuto sui vostri al solito preziosi feedback ed incrociandoli con le mie impressioni generali ho pensato che la formula del diario fosse un’idea piuttosto semplice per tenere traccia dei vari spostamenti ed argomenti da trattare e comunque simpatica da proporre.
Però rispetto ai post cui siete abituati mi piacerebbe inserire un numero maggiore di allegati visuali rispetto al solito.
Si dice che un’immagine vale più di mille parole. Ed io ho dato fondo alla mia fantasia fotografando una media di 100 scatti al giorno (con alterni risultati ma d’altra parte sono un neofita e non pretendevo certo la Luna da me stesso).
Fate queste premesse, partiamo, se poi l’esperimento sarà piaciuto allora proseguiremo sulla falsariga.
Dove eravamo rimasti? All’arrivo nella terra promessa direi.
Come tutte le grandi capitali mondiali, Tokyo usufruisce di più scali aereoportuali. Narita, il nostro, viene utilizzato soprattutto per i voli internazionali-intercontinentali, mentre Haneda (il secondo principale) tratta in gran parte i voli interni (o domestic flights per chi ama la dicitura anglosassone) e le rotte asiatiche in generale.
L’atterraggio, ore 6pm locale, è stato tranquillo come tutto il resto del tragitto. Qualche piccolissima turbolenza che però è comprensibile sulle 18 totali.
Il personale, amabile, sfoggiava una padronanza linguistica da fare invidia (dico solo che prima di partire gli idiomi elencati ammontavano a qualcosa come venticinque totali) quindi mi sento di consigliare Emirates come compagnia anche per il discorso bagaglio cui abbiamo accennato la volta scorsa e che sarà protagonista ahimè nel finale.
Come avete potuto constatare dalla foto della prima puntata il tempo atmosferico non era eccelso ma nel complesso non ci è quasi mai mancato il sole (croce e delizia nostra).
Integrando il capitolo viaggio, mi permetto di dare questo consiglio, riciclato dall’esperienza dell’anno scorso di mio fratello.
Quando vi troverete a scegliere il volo, dovrete tenere presente lo scalo di partenza (e quindi quel discorso sul non fare la sfacchinata per raggiungere la destinazione perché non ne vale la pena), i bagagli ed anche l’orario di arrivo.
Perché direte voi?
A meno che non si tratti di una lunga permanenza (e in tal caso beati voi), il jetlag può essere un problema. Quanto il vostro corpo riesca ad abituarsi al cambio di fuso orario potete saperlo soltanto voi ed è molto soggettivo.
Un modo per ridurne l’impatto è quello di non andare a dormire subito, ma di rispettare lo scorrere della giornata per abituarvi prima possibile al nuovo bioritmo.
Atterrare quindi nel tardo pomeriggio o serata vi consentirà molto più facilmente di resistere alla stanchezza ed alla tentazione di riposarvi immediatamente.
Viceversa, arrivando presto è vero che idealmente potreste avere più tempo utile da dedicare a voi stessi ed alla vostra meta ma potreste risentirne nel proseguo della vacanza.
La fascia che va dalle 17:00 alla sera tardi, soprattutto nei giorni feriali è abbastanza tranquilla ed abbiamo avuto la sensazione, camminando dal gate all’uscita, di avere quasi l’aereoporto in tasca.
Abituato alla confusione di Heathrow per esempio è stata una sensazione molto strana in effetti.
Lo so l’immagine in qualche modo fa ridere ed ha anche quello scopo perché comunque trattasi di vacanza ed almeno personalmente il mio obiettivo era quello di rilassarmi e divertirmi scoprendo un Paese sconosciuto ai miei occhi.
Fornisce però al tempo stesso due principi cardini della società giapponese (sempre precisando nell’ottica-Tokyo): la pervasività della tecnologia, presente ovunque ed il grande rispetto per tutte le persone, indipendentemente da quale sia il loro credo, orientamento sessuale, peculiarità fisiche e via discorrendo.
Il bagno tutto fare è una costante (lo trovate nelle case, albergo, locali pubblici…) ed una delle storie che i viaggiatori sono soliti raccontare. Il mio contributo l’ho dato.
Risolto il capitolo volo restava un piccolo ma non trascurabile dettaglio. Come si arriva a “casa”?
Qui ci sono varie soluzioni papabili. Va fatta una doverosa premessa: Narita è una città che fa parte della prefettura di Chiba, inglobata in quella che molti definiscono la Grande Tokyo e che comprende altre tre prefetture: Tokyo in primis, Kanagawa e Saita.
Per quanto quindi si possano concettualmente e fisicamente definire un unico enorme agglomerato urbano, bisogna ricordarsi che stiamo parlando di spazi e quindi tempi molto dilatati rispetto alle nostre abitudini.
Ha quindi senso cambiare linee di metro/treno? Secondo noi no. La macchina non l’avevamo, il taxi era proibitivo quindi restava una validissima opzione.
La navetta. Ci sono passaggi continui di linee che collegano direttamente il centro di Tokyo e proprio l’aereoporto.
Completate le operazioni di ingresso nel Paese (quindi le solite dichiarazioni di non portare oggetti pericolosi, contenuto nei bagagli consono alle leggi locali ecc.), con un’ora e mezzo di ulteriore spostamento ci siamo trovati nel bel mezzo di Shinjuku, il quartiere che mi avrebbe dato un alloggio dove riposare le mie stanche membra.
All’andata ma soprattutto al ritorno (visto che ero da solo e che sembravo un albero di Natale dalla quantità di bagagli in mio possesso) garantisco che ha fatto tutta la differenza del mondo, almeno per me.
Costo: 3000 yen. Opinione nostra: assolutamente ben spesi.
L’hotel mi ha accolto a braccia aperte e dopo aver elargito il dovuto ci siamo subito diretti verso la dimora di mio fratello, ovverosia Ebisu, una zona residenziale piuttosto famosa che fa parte del quartiere di Shibuya.
Apro una parentesi “monetaria” visto che abbiamo appena parlato di soldi.
Il cambio attualmente è il peggiore da quando esiste l’Euro. Amen. Quando si pianifica un viaggio secondo me bisogna fare i conti con le contigenze del momento e se lo si progetta da mesi il rischio di essere sfortunati esiste e non ci si può fare granché.
Tradotto: rinunciare o decidere una vacanza in base al cambio non è probabilmente la scelta migliore (sicuramente non era un’opzione nel mio caso).
Il tenore di vita in Giappone è alto, anche se molto meno alto rispetto al boom degli anni ’80-’90, prima che la crisi asiatica si facesse sentire.
Ergo vi troverete in situazioni per cui spendere sarà d’obbligo.
E’ altrettanto vero però che, soprattutto in una metropoli come Tokyo (dove la scelta è ampia), potete risparmiare pur divertendovi, mangiando bene, girando ecc.
Vedremo come nel proseguo.
Detto questo, per esperienza personale, lasciate perdere il cambio in loco. Ho sentito persone consigliare di effettuare il cambio valuta ad esempio direttamente in aereoporto.
Bene, al ritorno mi sono trovato costretto a spedire dei bagagli (poi vi racconterò la disavventura) e le tasse da me pagate sono state di gran lunga superiori a quelle che la mia banca ha imposto.
Quindi rivolgetevi al vostro istituto di credito, come prima scelta.
Il cambio in yen (la moneta giapponese) può essere fatto sia portando contante sia dal vostro conto personale e le tempistiche sono ridicole: uno o due giorni lavorativi.
Il Giappone è uno dei Paesi più sicuri al mondo, con un tasso di criminalità pari quasi a zero.
Ecco perché i giapponesi sono soliti girare anche con molto contante addosso. Se preferite evitare le fluttuazioni del cambio pianificate all’incirca quanto andrete a spendere nel vostro soggiorno e cambiate di conseguenza.
In ogni caso la vostra salvezza si chiama “carta di credito”. Se già non ne siete in possesso, meglio optare per la VISA o al limite Mastercard (le più diffuse al mondo). L’American Express è per esempio molto meno accettata. Non sempre vi sarà possibile effettuare pagamenti con la carta, per esempio ad Akihabara alcuni negozi non lo prevedono.
In generale però, un po’ come per gli Stati Uniti, non dovreste avere problemi.
Potete usare la carta anche per prelevare contante, fate attenzione però agli addebiti salati che ogni circuito applica, solitamente non inferiori al 4%.
Ecco perché ha senso cambiare molto contante prima di partire.
Torniamo a noi. Ebisu dicevamo.
Questa foto non ritrae granché del quartiere. Il protagonista è viceversa mio fratello in versione pseudo bandito con tanto di Honda taroccata Ferrari.
Forse avrete visto il penultimo Fast&Furious alias Tokyo Drift. In caso contrario non vi siete persi certo un pezzo di storia del cinema. E’ però sintomatico di una passione molto giapponese non solo verso le macchine ma per il cosiddetto “tuning”, cioè la personalizzazione del mezzo attraverso modifiche meccaniche o estetiche.
Questa non è un gran esercizio di stile, quanto più un simpatico omaggio al nostrano cavallino.
Se volete vedere lavori fatti a regola d’arte allora il vostro obiettivo si chiama Osaka, la città che alcuni definiscono la patria dei “truzzi” nipponici.
Ovviamente dopo il viaggio, le scarpinate, i bagagli e quant’altro non potevamo non nutrirci.
Usciti dall’appartamento del fratellino ci siamo diretti in una delle tante tavole calde presenti a Tokyo.
La catena se non ricordo male mi pare fosse la famosa Matsuya.
E a dirla tutta non abbiamo mangiato affatto male.
Il cibo, qui fotografato, constava di immancabile porzione di riso condita con verdure e pezzi di carne stufata, brodo vegetale (la ciotola nera accanto alla bottiglia verde), verdura cruda in particolare semi di soia e salsine a scelta.
Costo totale 680 yen, circa 6 Euro.
Poco vero? In generale, a seconda ovviamente delle vostre preferenze di cucina, locali e quartieri, è possibile pranzare o cenare anche con meno di 10 Euro a testa.
Questo perché in primis non si paga da bere, in secondi anche il coperto è spesso e volentieri gratuito.
Come direte voi?
Eh sì. Se voi non chiedete bevande particolari (alcoliche o bibite tipo Coca-Cola e affini) e scegliete acqua o la bevanda nazionale cioè il thé verde, non vi verrà chiesto mezzo yen in più di quel che spendereste con la vostra portata.
Non solo, finito il bicchiere potete riempirlo a mo di self-service oppure lasciare che gli inservienti lo facciano per voi.
Questa è la normalità in Giappone. Evidentemente siamo abituati male noi, visto che l’acqua è un bene credo di tutti.
Un’altra splendida consuetudine è quella di indicare sempre il costo dei vari piatti anche all’ingresso dei locali con menu o liste appiccicate sulle vetrate. Nessuno rischio di “sOla”, tipica dei posti turistici italiani ma non solo. Venezia, Roma, Firenze. Tanto una volta nella vita sarà capitato anche a voi ne sono sicuro.
Conclusa la serata, mi sono diretto nuovamente verso Shinjuku-Sanchome.
Conoscendo la mia scarsa attitudine all’orientamento (io stesso mi definisco un po’ come il Ryoga, conosciuto personaggio di Ranma, della situazione) mi sono fatto istruire per bene sulle linee e la direzione della metro. Ci torneremo su questo capitolo, non vi preoccupate.
Arrivato incredibilmente sano e salvo era la volta di tornare all’ovile e riposarsi.
La camera, come già anticipato, seppur non enorme (ma tenete sempre presente che siamo a Tokyo e gli spazi sono generalmente pochi) si è rivelata calda, accogliente e spaziosa per le mie esigenze.
Una menzione particolare va al bagno, direi, “minimalista”.
Nei giorni subito seguenti all’arrivo in realtà non c’è tantissimo da raccontare.
Complice la stanchezza del viaggio e la tracheite del povero fratellino, abbiamo limitato le nostre camminate ai quartieri limitrofi di Shinjuku e Shibuya, dedicandoci sia allo shopping sia alla vita notturna che la capitale giapponese ha da offrire.
Ripartiremo da qui la prossima settimana. Non mancate.