Dopo questa pausa estiva, riapriamo la rubrica “Il Gatto di Schroedinger” ricordando il grandissimo fisico italiano Nicola Cabibbo, scomparso lo scorso 16 Agosto a 75 anni.
Nicola Cabibbo ha fatto una delle sue ultime apparizioni sulla stampa italiana ed internazionale nel 2008, quando gran parte della comunità scientifica si è scandalizzata dell’esclusione di Cabibbo dal Nobel per la fisica, assegnato ai suoi colleghi giapponesi da Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa, che hanno esteso la sua teoria a dimensioni multiple.
Vediamo qual è, allora, questa teoria, e quali sono le sue conseguenze. In passato ho già avuto modo di parlare della forza debole, una delle quattro forze fondamentali, responsabile del decadimento del neutrone in un protone. Questa forza però è responsabile anche di altre interazioni, a livello subnucleare, che apparentemente sembrano essere diverse dal semplice decadimento del neutone in un protone o del muone in un elettrone (il muone è un elettrone più pesante).
All’inizio degli anni ’60 erano noti solo 3 tipi di quark, i mattoncini costituenti le particelle subatomiche. I protoni e i neutroni, per esempio, sono detti “adroni” e sono composti da 3 quark. Altre particelle, dette “mesoni”, come per esempio i pioni, sono composte da 2 quark. Generalmente i quark in questione sono due: il quark “up” e il quark “down”. Il protone è composto da due quark up e da un down (uud), mentre il neutrone da due down e un up (udd). Già dagli anno ’40 era noto un terzo quark, detto “strange” che, quando presente, conferiva certe proprietà alla particella. Le particelle “strane”, di cui ho avuto già modo di parlare su un post riguardante l’antimateria, vengono anche dette “iperioni” e il loro decadimento era all’epoca molto complicato da spiegare. Proprio su questo Cabibbo era estremamente impegnato.
In particolare, Cabibbo voleva capire perché l’interazione debole agisce separatamente sui leptoni (per esempio il decadimento del muone) e sugli adroni (il decadimento del neutrone) e che cosa c’entra tutto questo con le particelle “strane”. Il risultato della sua ricerca, una soluzione semplice quanto geniale, tipica della Meccanica Quantistica, è stato pubblicato sulla rivista internazionale “Physical Review Letter” ed è ad oggi uno degli articoli più citati in assoluto, posizionandosi tra l’altro al top del Page Rank di Google. Tutte le forze fondamentali sono “trasportate” da una particella chiamata “bosone mediatore”. Quando due particelle interagiscono, per esempio tramite forza elettromagnetica o forza gravitazionale, si scambiano dei messaggi, che sono questi bosoni mediatori. Nel caso della forza elettromagnetica il bosone mediatore è il fotone. Per la forza debole ci sono ben 3 bosoni mediatori (a seconda di che cosa le particelle si “vogliono dire”) e sono due particelle cariche W+ e W- e una particella neutra, lo Z. All’epoca la descrizione della forza debole non era così chiara, ma Cabibbo intuì che particelle diverse hanno una probabilità diversa di interagire tra di loro, seppur con la medesima interazione (quella debole). Ha per questo definito un parametro, chiamato angolo di Cabibbo. Il quadrato del seno e del coseno di quest’angolo rappresentano le rispettive probabilità che una particella agisca in un modo o nell’altro attraverso la forza debole. Facciamo un esempio pratico.
Prendiamo un quark down, contrassegnato con la lettera d nella figura a fianco. Quando soggetto a un’interazione debole, quindi interagendo con il bosone mediatore W-, il quark down può trasformarsi in un altro quark. Nel quark up, o nel quark strange. Le rispettive probabilità sono date dal quadrato del coseno dell’angolo di Cabibbo per diventare un up, e dal seno dell’angolo per diventare strange. Sperimentalmente si è osservato che quest’angolo è 13,1 gradi, di conseguenza sarà molto più probabile per un down diventare un up (circa nel 95% dei casi) mentre la probabilità di diventare “strange” è molto ridotta (circa il 5%).
Kobayashi e Maskawa hanno esteso questa teoria, descrivendo non solo 3 quark, ma tutti e 6 i quark, che sono oggi descrivibili attraverso la matrice CKM (Cabibbo, Kobayashi, Maskawa) e per cui hanno ottenuto il premio Nobel nel 2008.
La bellezza della Meccanica Quantistica è proprio quella di riuscire a spiegare con considerazioni “semplici” dei fenomeni a prima vista estremamente completti. Il rovescio della medaglia è che spesso per dare queste spiegazioni è necessario introdurre dei parametri, spesso arbitrari. Perché, per esempio, l’angolo di Cabibbo è esattamente 13,1 gradi e non un qualsiasi altro valore? Queste domande sono ancora aperte e sono date da rispondere alla Teoria del Tutto, una generalizzazione della Meccanica Quantistica che si spera sia in grado di mettere luce su alcuni punti ancora oscuri della nostra conoscenza dell’Universo. Cabibbo era perfettamente coscio di questo, infatti è stato anche il responsabile del progetto APE dell’INFN di Roma, un progetto di array di supercomputer necessari per la soluzione di calcoli estremamente complessi nel campo della fisica teorica.
L’interesse di Nicola Cabibbo per la fisica non è stato mai esclusivamente tecnico. Per molti anni è stato presidente dell’INFN (l’Istituto Nazionali di Fisica Nucleare), presidente dell’istituto ENEA, membro dell’Accademia dei Lincei e della National Accademy of Science, nonché presidente dell’Accademia Pontificia delle Scienze, dove ha dato il suo contributo per conciliare la religione e la scienza da grande scienziato e religioso quale era.
Probabilmente rimarrà l’amaro in bocca a molti, pensando al Nobel mancato per questo grande fisico italiano, ma la sua vita dovrebbe ricordarci sempre che l’Italia porta avanti una scuola di fisica di altissimo livello, a partire da Fermi e i ragazzi di via Panisperna, Amaldi, Cabibbo, Pontecorvo, Parisi, Maiani, Regge, Rubbia e tantissimi altri. L’Italia non deve vivere solo sulla memoria delle grandi menti passate ma investire ed appoggiarsi sulle grandi menti presenti e future, per portare avanti il nome di una scuola che è nota e rispettata in tutto il mondo.