In passato abbiamo visto come la tecnologia può influenzare le compravendite azionarie e come sempre più computer svolgono i compiti degli esseri umani nel mondo finanziario.
Oggi, alla luce dei recenti avvenimenti nel mondo borsistico, voglio affrontare il tema per certi versi opposto: come la tecnologia accelera le crisi finanziarie.
Per i più distratti, o coloro che non si interessano di economia e finanza, è doveroso un preambolo sulla situazione odierna: la crisi dei mutui subprime americani, innescata da una folle compravendita di strumenti sempre più complessi che rivendevano debiti già venduti una o due volte, moltiplicando il rischio in caso di insolvenza, è stata solo l’avvisaglia di quella che oggi alla radio ho sentito definire “l’alba di un nuovo 1929 “, cioè l’anno della grande depressione statunitense che fece stagnare quasi tutto il pianeta tra le due guerre.
Ieri Bear Stearns, la quinta banca d’affari più grande degli USA, ha dovuto essere salvata di corsa dal governo e dalla JP Morgan, sua concorrente. Oggi qualcuno ventila l’ipotesi che potrebbe accadere anche a Lehman Brothers, un vero e proprio colosso dei mutui commerciali. A settembre sorte analoga toccò alla londinese Northern Rock. Le banche hanno solo una cosa su cui fare business: i soldi. E oggi spostare i soldi è estremamente semplice.
Quando a settembre si diffuse la voce che la Northern Rock era in difficoltà, centinaia di persone si trovarono in fila davanti agli sportelli per ritirare i loro averi; principalmente persone anziane, poco avvezze alla tecnologia, ma non solo. Gli sportelli però hanno dei limiti fisici, e le banche possono anche fare finta di avere poco personale per arginare l’emorragia di liquidi.
Online questo vincolo non esiste, a meno di non “strozzare” volontariamente i server o peggio metterli offline (operazione che però costerebbe un enorme danno di immagine e svariate cause legali se la banca dovesse sopravvivere alla crisi): in poche ore i clienti possono trasferire altrove somme di denaro ingentissime, lasciando sul lastrico la banca.
In questo caso la tecnologia ha una doppia faccia: permette ai clienti di salvare il salvabile, ma inguaia la banca che non può far fronte alla crisi di liquidità. Ma gli investitori e i risparmiatori spesso si comportano in modo irrazionale, e il pericolo che una banca resti a secco sull’onda di una voce, specie in periodi di volatilità come questi, è molto alta.
E in ogni banca ci sono sempre di mezzo posti di lavoro diretti, indiretti e indotti. Comunque vada a finire c’è qualcuno che ci perde, e la tecnologia in questo caso non aiuta…