Come forse alcuni di voi avranno notato, c’è un’immagine che nell’ultima settimana ha fatto il giro del mondo, dalla BBC alla Repubblica, al Corriere della Sera tutti i giornali ne hanno parlato. Visto che per questa rubrica è un argomento già trattato in passato, come non riportare qui questa bellissima immagine?
In questa rubrica abbiamo seguito il satellite Planck con molta attenzione: a Maggio 2009 ne abbiamo osservato il lancio, assieme al satellite Hershel, mentre a Ottobre dello stesso anno ne abbiamo conosciuto i primi risultati, la “first light”.
In due post ho già avuto modo di fare un’introduzione dell’argomento, per cui per questa puntata del Gatto di Shroedinger abbiamo un’intervista esclusiva a un ricercatore dell’Osservatorio Astronomico di Trieste, il dottor Michele Maris, direttamente coinvolto nell’esperimento Planck e che ha gentilmente trovato il tempo di rispondere ad alcune delle mie domande, che ora condivido con voi.
1) Il satellite Planck può essere considerato il successore del satellite americano WMAP, che ha risposto a moltissime domande sulla natura dell’Universo. Ma che cosa misurano esattamente questi satelliti e a quali altre domande Planck potrà rispondere che WMAP non ci ha ancora svelato?
Principalmente questi satelliti misurano come varia l’intensità della radiazione elettromagnetica nel campo delle microonde che ci giunge guardando da una direzione all’altra in cielo.
Componendo queste misure gli astronomi sono stati in grado di costruire una vera propria immagine a microonde dell’intera volta celeste, un’immagine che sotto molti aspetti potrebbe essere paragonata a una fotografia a infrarossi di un edificio, con le parti più calde che appaiono più brillanti e le parti più fredde che appaiono più scure.
Queste variazioni di intensità hanno varie origini:
la più ovvia è l’eccesso di luce proveniente dal centro della Galassia, il centro dell’immagine riportata, poiché in quella direzione vi sono molti più oggetti in grado di produrre luce. È meno ovvio, ma altrettanto vero, che parte della radiazione elettromagnetica mappata dai nostri satelliti non proviene dalla Via Lattea e neppure dalle galassie vicine, ma è stata prodotta circa 380 000 anni dopo il Big Bang e da allora è in viaggio, sparpagliata per l’Universo.
Se a prima vista questa luce sembra uniforme, nella realtà non lo è, e strumenti sensibili come Planck e WMAP possono rivelare le differenze di emissione di varie zone dell’Universo. Osservare queste fluttuazioni allora vuol dire vedere come era fatta la casa in cui abitiamo, il nostro Universo, come era 380 000 anni dopo il Big Bang. Non e’ difficile immaginare come questa possa essere una miniera d’informazione.
Studiando la radiazione primordiale, WMAP ha risposto a un gran numero di domande che da lungo tempo attanagliavano i cosmologi: ha confermato il modello di riferimento dell‘Universo a Grande Scala (l’idea che l’Universo è composto da stelle, sistemate in galassie, a loro volta organizzate in ammassi, separati da vuoto, ndr), in particolare che l’universo è piatto e l’espansione non avrà mai fine; ha fornito la prima misura quasi diretta della quantità di materia oscura; ha prodotto le prime misure di polarizzazione della CMB e, non meno importante, ha prodotto un gran numero di risultati in altri campi dell’astrofisica extragalattica, dell’astrofisica della Galassia e del Sistema Solare.
Tuttavia WMAP ha anche trovato una serie di cose strane che attendono ulteriori indagini. Per esempio si è capito che una grande frazione della densità di energia nell’Universo dovrebbe essere fornita dall’energia oscura. Ma i dati attuali non forniscono informazioni su questa energia oscura, che cosa sia, come si distribuisca, e perché sia diventata importante circa all’epoca della formazione della Terra e del nostro sistema solare e non prima.
Anche la stessa radiazione di fondo (la radiazione a microonde misurata da questi satelliti di cui si è parlato prima ndr) non è ancora del tutto chiara. L’intensità della radiazione, infatti, su grande scala appare più omogenea di quanto ci si sarebbe atteso. Le disomogeneità mostrano chiaramente di avere delle concentrazioni ben definite, cosa assolutamente sorprendente perché ci aspetteremmo di vederle distribuite a caso.
Altre osservazioni, come la distrubuzione della radiazione di fondo a piccola scala, o la sua polarizzazione, attendono uno strumento più sensibile di WMAP per essere comprese a fondo.
2) E Planck è in grado di rispondere a queste domande? In che cosa Planck è meglio degli esperimenti precedenti?
Prima di tutto Planck riesce a osservare molte più frequenze degli esperimenti precedenti. Questo permette di studiare meglio le fonti
di contaminazione che mascherano la radiazione primordiale che si vuole studiare. Planck inoltre ha un’ottica migliore che permette di risolvere meglio l’immagine del cielo (per fare un paragone è come se WMAP fosse una macchina fotografica da 3 Mpixels e Planck da 12). Questo permette di misurare variazioni più piccole della quantità di radiazione che ci giunge dall’universo primordiale di quanto può fare WMAP e lo può fare con una precisione migliore.
La maggior sensibilità di Planck deriva dall’uso di una serie di tecnologie più sofisticate per la costruzione dei rivelatori di radiazione elettromagnetica, ma soprattutto dal fatto che Planck è dotato di un complesso sistema di raffreddamento che permette di raffreddare i suoi elementi sensibili a temperature pochi decimi di grado sopra lo zero assoluto. WMAP non potendo contare su queste tecnologie si è dovuto accontentare di un raffreddamento fino a temperature di “soli” 20 gradi sopra lo zero assoluto.
Il calore infatti è il principale nemico di queste misure. Ritornando all’esempio della foto a infrarossi di un edificio, immaginate di tentare di fare la stessa cosa con una macchina fotografica che invece di trovarsi ad una temperatura di 20 – 30 gradi C si trova a una temperatura di 300 C: è ovvio che la macchina fotografica accecherebbe se stessa con il calore che essa stessa emette.
3) Perché è interessante avere una mappa dell’intero cielo? Per comprendere le anisotropie e la loro polarizzazione non è meglio avere uno strumento più preciso, anche a prezzo di un campo visivo più ridotto (come per esempio Quiet )?
I due metodi non sono in competizione ma sono complementari.
Infatti una mappa a tutto cielo permette di mettere nel giusto contesto ciò che si osserva in regioni limitate del cielo magari con una accuratezza e un dettaglio maggiore. Ad esempio permette di capire se un determinato effetto che si osserva localmente si ripete in regioni diverse del cielo, aumentando la confidenza che sia un effetto di natura cosmologica e generale. Se tale effetto si osservasse in una sola regione, potrebbe anche essere legato a fenomeni che avvengono in regioni peculiari della nostra galassia.
Infine Planck è interessato a studiare anche la nostra Galassia, cosa che si fa meglio studiando una mappa a tutto cielo piuttosto che una serie di riprese slegate concentrate solo su regioni particolari.
4) Quando verranno rilasciati i primi risultati scientifici?
È una domanda difficile. Il satellite Planck esplora ogni giorno una fetta di cielo e nel giro di circa 7 mesi completa una immagine a microonde del cielo.
Questo però è solo l’inizio del lavoro. I dati debbono essere studiati e calibrati, per rimuovere possibili imperfezioni e garantirne la qualità prima di essere distribuiti. Inoltre occorre dare la priorità all’uso dei dati alle persone che da 15 anni e più lavorano per la missione Planck. Dunque i dati resteranno per lo piu “privati” per due anni dalla fine ufficiale della missione (dicembre 2011 se be ricordo), dopo di che diventeranno disponibili al pubblico.
Tuttavia verranno resi disponibili entro 6 mesi dalla fine della seconda survey i dati relativi ad una serie selezionata di sorgenti radio a microonde, un insieme di dati più limitato e quindi più facile da verificare, per permettere una rapida verifica coi telescopi a terra.
Quindi probabilmente questi dati parziali saranno disponibili dopo gennaio 2011.
Un grazie della disponibilità a Michele, credo e spero anche da parte dei lettori di Appunti Digitali!