Malgrado le sue enormi potenzialità hardware, Amiga è stato innanzitutto il sistema videoludico per eccellenza fra la fine degli anni ’80 e i primo anni ’90. In questa veste la piattaforma partorita da Jay Miner e assassinata dalla Commodore, ha allevato generazioni di videogiocatori e di software house.
Fra queste ultime ve ne sono alcune che, dopo aver vissuto una prima infanzia e/o adolescenza su Amiga, hanno raggiungo lo status di veri e propri colossi. Electronic Arts è una di queste e il gioco di cui parleremo oggi dimostra che, prima di diventare un colosso divoratore di piccole software house, l’azienda fondata da Trip Hawkins aveva la capacità di sfornare piccoli gioielli videoludici anche in un genere – quello del combattimento – già nel 1989 piuttosto logoro.
Armati, vestiti e concentrati come dei veri samurai, passiamo quindi all’argomento di questo nuovo appuntamento con la nostalgia informatica: Budokan: the martial spirit (1989).
Il gioco, nato su Amiga e quindi portato su PC, Sega Genesis (alias Megadrive) e piattaforme 8 bit come C64 e Spectrum, MSX, CPC 464, ripropone il tema delle arti marziali in una chiave molto “tradizionale”, a partire dalla colonna sonora che accompagna il title screen e tutte le successive fasi di gioco.
Il gioco consiste essenzialmente in due fasi: la preparazione e il torneo. Le discipline sono 4: Karate, Bo (un bastone di meno di 2 metri, arma tradizionale giapponese), Kendo e Nunchaku. Ciascuna specialità ha le sue mosse peculiari, ottenute con le 8 posizioni del joystick in combinazione o meno con il pulsante fire.
Durante la fase di preparazione il lottatore cammina fra i vari padiglioni del dojo; entrando in ciascun padiglione può sperimentarsi nelle varie discipline, da solo o contro un maestro – a vari livelli di difficoltà. La possibilità di allenarsi da soli, difficile da comprendere in assoluto, risponde alla particolare, e molto raffinata, modalità di gestione del combattimento e delle risorse del giocatore.
Invece che adottare una sola linea di “energia” come la maggioranza dei giochi del genere, Budokan utilizza due indicatori: Stamina e Ki. Quando la stamina (letteralmente resistenza) si azzera, il match si conclude. Il Ki indica invece la concentrazione del giocatore, che corrisponde proporzionalmente alla forza del colpo portato (e alla stamina che viene sottratta, in assenza di parata, all’avversario).
Con questo sistema, particolarmente in allenamento, i combattimenti possono richiedere molto tempo, mentre ciascun contendente cerca la concentrazione giusta per portare il colpo (e, nel frattempo, recupera energia). Proprio per questo motivo in Budokan non si va lontano solo consumando il pulsante fire del joystick, tanto nell’allenamento quanto nel torneo.
Superata a preparazione – a cui si può dedicare tutto il tempo che si ritiene necessario in ciascuna disciplina – si accede al torneo, che si tiene nel prestigioso Nippon Budokan di Tokio. Qui s’incontreranno, in ordine di crescente difficoltà, avversari esperti in varie discipline, alcune delle quali inaccessibili al giocatore.
Per ciascun combattimento sarà possibile al giocatore scegliere di usare ciascuna delle quattro discipline, indipendentemente da quella scelta dall’avversario. Superato un briefing sul combattente che si andrà ad affrontare, si passa al ring vero e proprio, e lì ci sarà solo da augurarsi di avere ben presenti tutti gli insegnamenti del nostro maestro nel dojo, e riuscire a gestire al meglio le risorse di ki e stamina.
Complessivamente Budokan rappresenta una vera immersione nel mondo delle arti marziali, complice l’ottimo lavoro sul fronte grafico, il sonoro, ma soprattutto un gameplay che alla destrezza al joystick favorisce l’attenzione nella gestione delle risorse e la capacità di portare pochi colpi ma efficaci.
Agli antipodi rispetto al pur spassosissimo IK+, Budokan interpreta il tema delle arti marziali nella maniera forse più fedele e rigorosa mai vista su Amiga.