Ausra è un startup statunitense che ha sviluppato una tecnica di conversione dell’energia solare molto efficiente. La ricerca è finanziata anche da Google che, annunciate le proprie ambizioni nel settore dell’energia rinnovabile, punta molto sul solare termico.
Le prove sul campo finora svolte con i primi impianti sperimentali, hanno dato risultati entusiasmanti: per rispondere al 90% del fabbisogno energetico degli Stati Uniti, trasporti su gomma inclusi, sarebbe sufficiente una superficie di circa 15000 km²; per fare un paragone la regione Lazio si estende per circa 17000 km².
Non solo, l’impianto è capace di accumulare energia sotto forma di calore, da utilizzare durante la notte e nelle giornate particolarmente nuvolose, garantendo continuità della generazione di corrente elettrica.
15000km² possono sembrare tanti ma negli Stati Uniti lo spazio non manca (9,826,630 km² in totale), inoltre con una popolazione che supera i 300 milioni di persone e con un consumo di petrolio pro capite più che doppio rispetto agli italiani – e una produzione di energia nucleare rilevante, gli USA rappresentano il Paese che ha di gran lunga il più alto fabbisogno di energia del mondo.
Spiegherò brevemente qui lo schema di funzionamento (sul sito di Ausra trovate un esplicativa animazione) che usa degli specchi per convogliare la luce su dei tubi posti a qualche metro da terra, all’interno dei quali scorre dell’acqua, che per effetto del calore evapora. La pressione generata dal vapore muove delle turbine che generano elettricità.
Prima di arrivare alle turbine però parte del calore creato dal vapore, viene raccolto ed immagazzinato. Infatti per generare vapore bastano 100°C, ma questo può raggiungere temperature molto più elevate. Il calore non necessario alla generazione di elettricità viene recuperato e conservato, e sarà utilizzato a sua volta per generare vapore di notte e nelle giornate di brutto tempo.
L’idea è sicuramente valida, ma meno innovativa di quanto la si vuole far sembrare. Chi conosce il nome di Carlo Rubbia e il suo solare termodinamico sa di cosa parlo.
Il fisico friulano che lavorava all’ENEA, premio Nobel nel 1984, costretto a emigrare in Spagna insieme al suo solare termodinamico a causa di attriti col precedente Governo (nuclearista e profondamente incompetente in campo energetico), nella penisola Iberica ha realizzato con successo diverse centrali solari termodinamiche, che si differenziano dal progetto di Ausra, principalmente per il contenuto dei tubi irradiati dagli specchi.
All’interno delle condutture, invece dell’acqua scorre una soluzione altamente salina, capace di raggiungere altissime temperature senza evaporare, permettendo direttamente nei condotti lo stoccaggio del calore. Degli scambiatori di calore portano il calore all’interno di contenitori d’acqua, che evaporando viene utilizzata per produrre energia.
Attualmente Carlo Rubbia e il suo solare termodinamico, fortemente voluti dai Verdi, sono tornati in Italia, e in collaborazione con l’ENEL vengono studiate nuove evoluzioni di questa tecnologia. Di costruire, come in Spagna, qualche centrale termodinamica completamente operativa, che ci aiuti a rispettare il protocollo di Kyoto e che diminuisca la nostra dipendenza dal petrolio, ovviamente, ancora non se ne parla.
via | Wired