Quante volte ci è capitato di sentir dire, a persone che hanno superato gli anta, “ah i giovani d’oggi sono dei geni del PC” o frasi simili? Personalmente mi è capitato spesso. Gli adulti tendono infatti a generalizzare, ritenendo che i ragazzi d’oggi, dalle medie all’università, siano “esperti” di nuove tecnologie e “diavolerie elettroniche”, per usare un loro termine.Ma come stanno davvero le cose? La realtà è, ahimé, decisamente sconfortante. Innanzitutto occorre intenderci su cosa si intende per “esperto“; se intendiamo essere capaci di scrivere un SMS intero in 10 secondi, allora sì, i ragazzi italiani sono davvero espertissimi e non conoscono rivali; se invece per esperto intendiamo una persona che ha una visione d’insieme sul mondo delle nuove tecnologie e usa con dimestichezza internet e Office, conoscendone e sfruttandone le funzioni utili, allora no, non siamo affatto esperti.
Va innanzitutto premesso che la scuola, pubblica e privata, di ogni ordine e grado (come si soleva dire una volta), è scandalosamente indietro rispetto al presente. I professori si trovano nel complesso impreparati a formare i ragazzi usando gli strumenti che il presente mette a disposizione e generalmente dimostrano anche poco interesse ad aggiornarsi, convinti che queste “diavolerie” siano solo fonte di distrazione. I pochi professori dinamici, innovativi e vogliosi di mettersi in discussione, si trovano invece di fronte ad una barriera di tipo burocratico-tecnologico. La scuola non ha strumentazione aggiornata e richiederla significa impantanarsi in una giungla burocratica dalla quale si esce quasi sempre sconfitti (anche perchè “mancano” i soldi).
Ai ragazzi non resta quindi altra soluzione che quella di cercare autonomamente la formazione in ambito tecnologico, magari usando l’ADSL di casa e navigando qua e là alla ricerca di informazioni da assimilare quali autodidatti, l’uso del software lo si impara “by trial and error” e così via. Chiaramente un percorso simile è intrapreso solo da chi è davvero interessato, gli altri lasciano perdere. Anche qui, inoltre, vi sono barriere tecnologiche non sempre semplici da superare. L’infrastruttura TLC in Italia è preistorica, esistono ancora centrali Telecom dotate di tecnologie vecchie di 50 anni e in molte zone l’ADSL non arriva; il monopolio Telecom, poi, non aiuta per niente. Per assurdo, in molti casi, può essere più veloce connettersi via GPRS col proprio cellulare, ma le tariffe sono proibitive, creando una nuova barriera, questa volta di tipo economico.
Cosa succede all’estero? Senza attraversare l’oceano e guardare agli Stati Uniti (il confronto sarebbe impietoso), basta osservare i nostri vicini europei per scoprire una scuola attenta alle nuove tecnologie e, in generale, una società che investe nei giovani a 360°. Innanzitutto le scuole (medie, superiori e università) sono spesso dotate di computer recenti e funzionanti, il cui uso viene insegnato agli alunni da docenti che si sono aggiornati e sanno comunicare l’importanza di questi strumenti, qualsiasi professione si vada poi a intraprendere. In secondo luogo biblioteche pubbliche, sale convegni, università, musei, ecc. sono generalmente dotate di collegamento ad internet liberamente accessibile dagli studenti. In terzo luogo l’accesso a connessioni a banda larga è in Europa mediamente molto più performante e conveniente che in Italia; per fare un esempio pratico basta scoprire l’offerta Alice per la Francia e confrontarla con la nostra.
Io non sono né un programmatore né un sistemista, eppure nella cerchia delle mie conoscenze ritengo di saperne molto più di loro in ambito tecnologico, tra l’altro con un ampio margine di distacco. Considerando che abitano a Milano e che tutti loro sono perfettamente in grado di dotarsi di tecnologia, ritengo che il problema alla base di ciò sia culturale. Non ci viene insegnato, da chi dovrebbe formarci, che l’uso del computer, e in generale delle nuove tecnologie, non solo è fondamentale qualsiasi attività lavorativa si svolga, ma è anche uno strumento utile col quale ci si può semplificare notevolmente la vita. La tecnologia è utile e divertente. Questo messaggio, banale per noi appassionati, è invece avulso al nostro circuito formativo, cosicché anche laddove c’è la possibilità economica e tecnologica, non la si sfrutta perchè non interessati.
Ogni volta che vado a conferenze e convegni che parlano di internet, Web 2.0, tecnologie, ecc. rifletto sempre sul fatto che per noi presenti in quelle sale sia impensabile non scorrere i nostri Feed RSS ogni tot minuti, usare Google Maps per cercare un indirizzo, scaricare Podcast, condividere news con Digg e, in generale, usare una miriade di servizi web based. Ebbene, per noi sarà impensabile, eppure è pensabilissimo per la maggioranza dei giovani del nostro paese. La tecnologia è penetrata solo parzialmente. Il cellulare UMTS lo si usa per mandare SMS e scattare foto, ma si ignora che è anche un sofisticato modem veloce quanto una ADSL economica, Windows è la piattaforma su cui installare MSN Messenger, ma si va in panico davanti ad un foglio di calcolo.
Intendiamoci, non sto sostenendo che tutti i miei coetanei siano dei decerebrati la cui conoscenza informatica si limita a SMS e MSN , è evidente che ci sono tantissimi ragazzi in gamba che fanno cose incredibili. Ciò che sostengo è che la tecnologia non è penetrata correttamente nelle masse. Non mi interessa una generazione di geeks e nerds , mi interessa una massa di giovani coscienti dell’importanza delle nuove tecnologie e con una buona padronanza di esse, anche in ambiti non prettamente ludici. La situazione è, per fortuna, migliore tra chi ha scelto di avventurarsi in percorsi universitari di tipo scientifico. In queste facoltà troviamo effettivamente più attenzione alla tecnologia e più interesse a scoprirla a 360°, anche al dì fuori delle esigenze prettamente scolastiche. Nel mondo delle facoltà umanistiche la situazione è invece disastrosa, il che è un grande peccato se pensiamo a quanto la tecnologia può dare anche al più tradizionale degli insegnamenti come il Diritto Romano o Glottologia.
Gran parte della responsabilità è anche del sistema istruzione nel suo complesso. Basti pensare che quando, qualche mese fa, venne trasmesso in tv il video di un’insegnante che si lasciava toccare dai suoi studenti e quello in cui si vede un ragazzo down vergognosamente umiliato dai suoi compagni: la colpa non fu data ai professori e alla scuola che consentono questo scempio, ma a YouTube che consente di vederlo. La reazione del Ministro fu infatti quella di vietare, con circolare ministeriale, l’uso dei cellulari in classe (occhio che non vede, cuore che non duole), non un serio e ragionato provvedimento che garantisca serietà tra gli “educatori” e poteri punitivi ai dirigenti scolastici. A quasi un anno di distanza cosa è cambiato? Niente. Altro male nostrano, “much ado about nothing“, ci si scandalizza per qualche giorno e poi tutto torna, drammaticamente, come prima. Andate oggi stesso su YouTube e inserite come chiave di ricerca “Lezione di” seguito da una materia a piacere. Ne vedrete delle belle.
Quale futuro? Di fronte agli Stati Uniti che corrono, l’Europa che li insegue e paesi come l’India e la Cina che fanno capolino, la soluzione non può essere altro che una rivoluzione culturale che coinvolga chi, oggi, ha l’arduo compito di formare e decidere per poi travolgere tutti gli ambienti e tutti i settori. Occorrono seri finanziamenti al mondo dell’istruzione e occorrono persone di valore che sappiano infondere nei ragazzi la cultura dell’innovazione. Sogno di vedere l’Aula Magna del mio ateneo, oggi sprovvisto persino di una banale connessione Wi-Fi e i cui servizi di email interna si basano ancora su Windows Exchange Server 2000, gremita di studenti così come oggi si riempie l’Aula Magna dell’Università del Missouri che vedete qui sotto. E’ utopia o sogno realizzabile? Ai posteri…