Dopo un inverno particolarmente freddo, arriva un’estate che tarda a cominciare.
Quando sento frasi del tipo “l’estate più calda del secolo” o “l’inverno più freddo del secolo” o qualsiasi combinazione di queste parole sono sempre piuttosto dubbiosa: le ho sentite quasi ogni anno della mia vita, e non sono certo centenaria. Quest’anno però, aldilà delle temperature, assistiamo ad un fenomeno molto interessante o, per meglio dire, all’assenza di un fenomeno.
Il Sole, la nostra stella, ha un ciclo di attività che dura 11 anni, durante i quali l’attività magnetica del Sole cambia e, con essa, si modifica anche la quantità di radiazione che arriva sulla Terra. Esiste una particolare chiave di lettura per misurare con precisione l’attività solare e sapere in quale periodo del ciclo si trova la stella.
Questo sistema consiste nel contare il numero di “macchie solari” presenti sulla superficie. Le cosiddette macchie solari non sono altro che delle zone della stella in cui il campo magnetico si concentra e crea una sorta di turbolenza, in cui la temperatura diminuisce notevolmente.
La temperatura di “soli” 4000 gradi kelvin, contro i 6000 delle zone circostanzi fa si che queste zone “fredde” appaiano come macchie scure in contrapposizione con il chiarore circostante. Essendo così facili da osservare, le prime misurazioni delle macchie solari risalgono a periodi molto antichi: i primi accenni a questo fenomeno appaiono negli scritti di astronomi cinesi del 28 a.C.
È del 1610, però, la prima osservazione tramite telescopio fatta nel mondo occidentale dall’astronomo inglese Thomas Harriot. Le macchie solari non sono che una dimostrazione della vasta attività solare che vi corrisponde. Assieme alle macchie, il cambiamento del campo magnetico può causare anche i cosiddetti “brillamenti solari” (o solar flares), potentissime esplosioni che possono raggiungere la potenza anche un miliardo di volte superiore a quella di una bomba atomica.
L’osservazione di questi fenomeni può aiutarci a capire anche l’effetto che il Sole, con la sua attività, ha sul clima terrestre. Pensiamo per esempio al “Minimo di Maunder“, un periodo tra gli anni 1645 e 1715 in cui il Sole ha avuto un’attività estremamente bassa, come si può osservare dal grafico qui sotto, in cui viene mostrato il numero di macchie solari osservate in funzione dell’anno.
È interessante notare come il periodo di minima attività solare è coinciso con quella che viene definita una micro glaciazione, ovvero un periodo di freddo estremo verificatosi nell’emisfero settentrionale del pianeta (interessante notare, inoltre, come questo periodo di quiete del Sole corrisponda con il regno del Re Sole, in Francia, quasi a mostrare come ci sia spazio per un solo Sole sulla Terra ;-) ). È quindi possibile trarre una correlazione tra la quantità di macchie solari (e quindi di attività solare) con la temperatura sulla Terra.
I minimi di attività, durano circa un anno, dopo il quale il Sole ricomincia il suo ciclo e le macchie solari riappaiono sempre più numerose, fino a raggiungere il massimo. L’ultimo ciclo si è concluso verso la fine del 2007, lasciando presupporre, quindi, un 2008 all’insegna della tranquillità. E così è stato, anzi, si sono osservate anche meno macchie di quante ce se ne aspettava.
Praticamente per il 73% del 2008 non si è scorta traccia di macchia solare. Gli astronomi hanno cominciato a domandarsi se non stesse succedendo qualcosa di strano, e hanno dedicato grandi risorse per simulazioni e calcoli al computer per predire quando le macchie sarebbero ricominciate e come.
Ci si aspettava che il 2009 sarebbe stato un anno particolarmente attivo, per controbilanciare la scarsa attività dell’anno precedente. Così non è stato. Anzi, anche nel 2009 sono state osservate molte meno macchie solari di quanto si pensava. È dal mese scorso che si è finalmente osservato con certezza che il ciclo ha ripreso, e che l’attività solare sta finalmente crescendo di nuovo, seppur con grande calma rispetto alle aspettative.
Le ragioni per cui il Sole sia così “pigro” sfuggono ancora agli astronomi, nonostante ci sia un affollarsi di ipotesi. Quella più probabile è che la causa di questa scarsa attività sia da ricercarsi in due grossi correnti di gas, che fanno circolare materia e campo magnetico lungo i diversi strati del Sole. In media questo secondo ciclo dura circa 40 anni. Dal 2004 ad oggi sembra che queste correnti abbiano accelerato nella parte più esterna del Sole, mentre abbiamo rallentato in profondità.
Queste nuove osservazioni hanno generato un crescente interesse nel confronti della fisica solare, in un certo senso sottostimata nel periodo precedente. Molto interesse è soprattutto da ricondursi alla possibilità che l’attività solare sia in qualche modo legata al clima terreste e possa influire sul riscaldamento globale del nostro pianeta.
Se da un lato ci sono gli ottimisti che accolgono questo periodo di quiete solare come una manna, che potrebbe aiutarci a risolvere il problema del riscaldamento globale in modo indolore e del tutto gratuito, gli scienziati più dubbiosi sperano di poter sfruttare la riduzione della radiazione solare che arriva sulla Terra per capire quanto effettivamente questa contribuisce al riscaldamento del pianeta e per verificare se è proprio l’attività del Sole, o piuttosto l’attività dell’uomo, a modificare la temperatura della Terra.