Ci ritroviamo ahimè a parlare di Apple ma, per il sollievo dei più, non bene e nemmeno male.
Ne parliamo al contrario come di un fenomeno mediatico – credo che almeno su questo possiamo trovare un minimo di accordo fra le parti – molto polarizzante, su cui ognuno sente di avere un’opinione piuttosto fondata, anche se spesso unidirezionale.
Partiamo come da titolo, da un esempio pratico: la risoluzione del cd. retina display, nuovo brand coniato da Apple per sintetizzare la capacità dello schermo di iPhone 4 di eccedere il discernimento dell’occhio umano ad una distanza congrua dallo schermo.
Wired USA ha contestato l’affermazione di Jobs qualificandola come “false marketing”: secondo i dati da loro citati – la cui fonte è Raymond Soneira, presidente di DisplaySearch – l’occhio umano è potenzialmente in grado di discernere i pixel del display di iPhone 4. È seguito il prevedibile codazzo di polemiche, le stesse che più o meno leggiamo in calce ad ogni proclama di Apple.
Philip Plait, un professionista con collaborazioni attive sulla calibrazione della fotocamera installata nel satellite Hubble, ha ritenuto non condivisibile la nettezza della posizione di Wired in quanto è vero sì che una vista “ideale” sarebbe in grado di distinguere i pixel del retina display, ma è pur vero che quella che alcune fonti citano come una vista “normale” (20/20) non lo sarebbe.
Quindi ci sono dati contrastanti, e Jobs, più che mentire tout-court, ha usato quelli più favorevoli alla sua tesi – d’altronde inventare uno schermo da 3.5″ capace di eccedere anche la vista di Robocop, ma al prezzo di un box a Milano centro, non avrebbe avuto forse molto senso.
Insomma, c’è modo di non dire tutta la verità senza dire una bugia, e il marketing è maestro in quest’arte.
Un osservatore distaccato, magari non parlando di Apple, potrebbe accettare l’approssimazione nella frase di Jobs dicendosi che dopotutto “se il vino è buono non si chiede all’oste” e che il marketing di qualunque azienda non è mai da prendere a riferimento di obiettività assoluta – è per questo che serve l’esperienza diretta di un prodotto e, soprattutto, il parere di un esperto in materia.
Al contrario tuttavia, i fanboy abbracceranno il “verbo” proferito da Jobs, e i reverse-fanboy la posizione contraria, cogliendo l’occasione per aprire thread di discussione chilometrici all’insegna di “Apple racconta solo balle” “gli utonti se le bevono tutte” nei forum di mezzo mondo. E via così, domani è un altro giorno.
Ognuno sceglierà il suo set di argomentazioni e verità preconfezionate, molti sentiranno di avere anche ottime ragioni per suonare quella che non è altro che la solita musica che sentiamo suonare dalle parti in causa fin dai tempi di “think different”, ma sostanzialmente sarà impossibile uno scambio di opinioni fra le parti.
Finché insisterà questa polarizzazione, accompagnata da entrambi i lati da luoghi comuni e superficialità ripetute a pappardella, sarà corretto ripetere, alla maniera sofista, che un parere obiettivo su Apple “non è, se fosse non potrebbe essere conosciuto e se fosse conosciuto non potrebbe essere comunicato”.