Ginevra, 30 Aprile 2009… la 53esima e ultima sostituzione dei megneti dell’LHC, al CERN è stata completata, inserendo l’ultimo magnete nel tunnel dell’acceleratore, e mettendo la parola fine alla prima parte delle riparazioni dell’LHC dopo l’incidente di Settembre scorso che ha causato la sospensione dei lavori.
Attualmente si stanno completando le interconnessioni dei magneti nel tunnel, e si stanno installando nuovi sistemi di sicurezza per impedire che un incidente come quello dello scorso autunno possa ricapitare di nuovo. Ed è proprio dopo circa un anno, ovvero nel prossimo autunno, che l’LHC dovrebbe ripartire a pieno ritmo, per cominciare finalmente a raccogliere i dati necessari per poter annunciare i primi risultati scientifici.
Nel pomeriggio del 30 Aprile scorso, dopo mesi di progettazioni e riparzioni, l’ultimo dei quadrupoli necessari per mantenere il fascio di particelle focalizzato è stato installato nel Settore 3-4, proprio il luogo dell’incidente avvenuto il 10 Settembre 2008. In quel giorno l’LHC aveva cominciato l’operazione di accelerazione dei protoni, aumentando scalarmente la potenza per testare il funzionamento fino alle massime energie raggiungibili dal design della macchina.
Durante il processo di aumento della potenza, però, si è verificato un incidente, in particolare una perdita nel sistema di raffreddamento costituito da elio liquido (che permette di raffreddare il sistema fino a 1.9 K – gradi kelvin – ovvero molto vicino allo zero assoluto e, per capirci, più freddo dello spazio interstellare, che raggiunge i 2.3 K). I magneti che mantengono il fascio focalizzato sono costituiti da materiali superconduttori che funzionano solo a temperature bassissime.
La perdita nel sistema di raffreddamento ha causato un aumento della temperatura nei magneti, e quindi un aumento della resistenza nei superconduttori, che ha fatto si che il quadrupolo non funzionasse più correttamente. Un così piccolo incidente (la temperatura è aumentata solo per pochi secondi e di pochissimi gradi) ha fatto si che il campo magnetico venisse a mancare e che il fascio di particelle ad altissima energia uscisse dal suo percorso prestabilito.
Il fascio di protoni ha un’energia così intensa che ha tagliato le pareti del macchinario come se fossero fatte di burro. L’elio si è disperso in tutto il settore, facendo venire a mancare la consizione di vuoto in cui si opera, il magnete si è totalmente rotto e così molte delle parti dell’acceleratore in quel settore, e nei settori vicini.
Questo incidente, oltre a obbligare alle ovvie riparazioni di quel settore, ha anche obbligato gli scienziati e i tecnici del CERN a ricontrollare tutto il sistema di raffreddamento e tutti i singoli magneti dell’intero LHC, onde evitare di ricadere nello stesso disastro. Per questo l’LHC ha dovuto essere chiuso, e tutti i 53 magneti dei settori 3 e 4 ricontrollati. Sedici magneti sono stati controllati e riparati, mentre altri 37 sono stati sostituiti del tutto.
Questi ultimi, però, non verranno buttati via (i costi in gioco non lo permetterebbero), ma verranno riparati e usati come riserve nel futuro. Con tutti i magneti di nuovo al loro posto e funzionanti, il personale si dedica attualmente alla riconnessione dei magneti e all’installazione dei nuovi sistemi di sicurezza.
La riparazione dell’LHC si può dividere in tre parti. La prima e la riparazione dell’acceleratore vera e propria, che si può considerare conclusa con l’installazione dell’ultimo magnete avvenuta lo scorso Aprile. La seconda parte consiste nel monitoraggio dei componenti installati attraverso un nuovo sistema di controllo che è stato inserito nel tunnel. Questa operazione avverrà nel corso dell’estate a venire. Infine verranno inserite delle valvole di sicurezza per controllare la pressione nel caso che nei futuri 15-20 anni di funzionamento dell’LHC dovesse avvenire di nuovo un’eventuale perdita di elio liquido nel sistema.
Per chi fosse interessato, ricordo infine cosa faccia questo nuovo acceleratore del CERN (ma potete anche rileggere i vecchi post su grid o sull’LHC ).
L’LHC funzionerà a regime accelerando singoli protoni fino ad un’energia di 7 TeV, e produrrà all’incirca 600 milioni di collisioni al secondo tra i 12 trilioni (1018) di particelle che viaggiano attorno all’acceleratore a circa il 99,9% della velocità della luce. Nonostante la grandezza dei numeri in gioco, e la frequenza delle collisioni che si avranno, bisognerà aspettare probabilmente diversi anni prima di poter finalmente ottenere i risultati sperati e scoprire veramente fenomeni nuovi.
I dati ottenuti durane le collisioni verranno salvati all’interno dello stesso CERN, dove potranno essere immagazzinati i 15 Petabytes (15 mila Terabytes) che si stima verranno prodotti ogni anno.
Il sistema di immagazzinamento dati è costituito da una libreria modulare SL8500 della Sun Microsystem e da dei nastri magnetici Sun StorageTek T10000. La Sun è stata anche incaricata di fortnire dei dischi rigidi per ulteriori 1.6 Petabytes, e dei server 85 Sun Fire X4500 per un pratico accesso ai dati da parte dei ricercatori.
L’energia prodotta all’interno dell’LHC è la più elevata raggiunta dall’uomo. Consumerà 45 Megawatts mentre sarà in piena fase di operatività e il fascio di particelle produrrà collisioni a temperature milioni di volte più alte della temperatura del centro del Sole. Ovviamente quest’energia è concentrata in una zona piccolissima dello spazio, e per un tempo estrememente breve, per cui non è comparabile con l’enegia a livello “macroscopico” di cui facciamo uso normalmente. Per lo studio della struttura nucleare e subnucleare, però, è un’energia altissima, che ci permetterà di vedere cose finora invisibili.