La lussemburghese MDI è un’azienda automobilistica, che nonostante faccia parlare di se già da tanti anni non ha ancora venduto una sola auto. Ora è tornata, sembra con nuove importanti novità.
Stiamo parlando dei pionieri dell’auto ad aria compressa, che ritornano ciclicamente con dei nuovi comunicati e dei nuovi progetti, anche se fin’ora non sono mai riusciti a produrre un modello in larga serie.
Il caso più famoso fu la presentazione di Eolo, piccola auto mostrata nelle declinazioni di utilitaria e piccolo veicolo commerciale con motore ad aria compressa. Fu investito molto per il lancio, venne costruito uno stabilimento nuovo di zecca e vennero assunti i dipendenti necessari all’assemblaggio. Ma la fabbrica venne chiusa ancora prima di far partire la produzione, gli operai vennero messi in cassa integrazione e gli ingegneri iniziarono a scappare alla vista dei giornalisti, tra mille ipotesi di problemi meccanici e teorie complottiste.
Come detto all’inizio oggi la piccola MDI torna a mostrarsi attiva e vitale con un nuovo prototipo e l’ipotesi di collaborare con grandi case automobilistiche per la fornitura di motori ad aria compressa, ma sembrano esserci nuovi intoppi.
Il prototipo presentato si chiama AirPod, volendo forse avvicinarsi concettualmente a qualcosa che tutti conosciamo di piccole dimensioni e che piace tanto ai giovinastri. L’impostazione meccanica è innovativa, per non dire ardita: un ampio e tozzo guscio racchiude 3 posti (quello guida fronte marcia, i due per i passeggeri rivolti verso il lunotto), sopra un pianale con tre ruote sottili, con propulsore e bombola centrali. Il diametro e la posizione della bombola in carbonio corrispondono al cerchio su cui compare la scritta “Air” lungo le fiancate.
Il punto di forza di questo esperimento è l’efficienza, sopratutto in termini di costi di esercizio. Con soli 5,4 CV raggiunge i 70 km/h, l’autonomia è di ben 220 km e si ricarica in un solo minuto al costo di un solo euro di energia elettrica.
Se da questo prototipo scaturirà un mezzo per la produzione in serie, sarà probabilmente un veicolo commerciale leggero, allestimento questo a cui si presta bene questo pianale.
Ma la notizia più importante riguarda un accordo con uno dei costruttori di auto più importanti del pianeta: Tata Motors, che da qualche tempo ha presentato, ma non ancora commercializzato la Nano, ovvero l’auto più economica del mondo. Sembra che le due compagnie possano unirsi in uno sforzo congiunto per produrre la Nano ad aria compressa, anche se non sono proprio sicuro che possa essere una svolta ecologica.
Sembra che la Nano equipaggiata col propulsore ad aria francese non sia esente dalle emissioni di CO2, anche se si limiterà a produrne un terzo rispetto alla controparte a benzina. L’utilitaria indiana infatti sarà equipaggiata anche di un piccolo motore a combustione interna che dovrà servire a riscaldare l’aria in uscita dalla bombola ad alta pressione.
Uno dei motivi vociferati, per cui le auto della MDI non hanno mai raggiunto la produzione in serie, risulta infatti essere la bassissima temperatura raggiunta dall’aria nella rapida decompressione, colpevole questa della formazione di ghiaccio all’interno del motore e quindi causa di rotture.
Dobbiamo quindi a questo punto tenere a mente che l’aria compressa stipata nella bombola, così come l’idrogeno delle auto mosse da fuell cell, non è una fonte di energia ma soltanto un vettore e la sua messa in pressione richiede un lavoro.
Con la necessità di bruciare combustibile a bordo per assicurare un corretto funzionamento del mezzo la mobilità ad aria compressa potrebbe rivelarsi economicamente conveniente, ma ecologicamente potrebbe rappresentare un disastro.
A questo punto piuttosto che usare l’elettricità per caricare di aria un’auto, convince di più l’approccio danese, che vuole caricare di elettricità le auto utilizzando l’eolico.
Ad ogni modo, sembra che la MDI non sia ancora uscita dalla sua spirale di sfortuna, perché anche la Tata Nano avrà parecchi problemi da risolvere, e non da poco, prima di poter iniziare la produzione. Stavolta però le beghe meccaniche non c’entrano.
Sembra infatti che il bassissimo prezzo della Nano non sia da attribuire ad una progettazione attenta e una spinta economia di scala. Operai dello stabilimento e abitanti della zona, stanno impedendo la produzione della Nano a forza di rivolte, anche violente, rivendicando stipendi dignitosi e protestando contro l’ingiustizia degli espropri perpetrati ai contadini, con rimborsi economici irrisori.