“Non domandare all’oste se ha buon vino”: lo si sa fin dai tempi dei romani, eppure qualcuno ha trovato il modo di dimenticarsene ultimamente, e la rete si è riempita di (ben poco) “genuine raccomandazioni” prezzolate.
La FTC ha dato ieri seguito all’intenzione manifestata qualche settimana fa, di normare il business creatosi attorno alle peer recommendations, ovverosia alle recensioni commissionate a blogger e altri “dilettanti”, in cambio di emolumenti o del prodotto recensito.
L’intervento di un’autorità federale di alto profilo come la Federal Trade Commission, mi pare indichi che negli USA l’economia del buzz e di tutte le pratiche analoghe, abbia raggiunto dimensioni ragguardevoli – poggiando sulle spalle della fiducia del pubblico.
Da quando esiste la rete, in effetti, il pubblico usa le informazioni in essa contenute per orientare le proprie decisioni di acquisto. È dunque legittimo che un’autorità competente sulle pratiche ingannevoli ai danni del consumatore, si occupi della pubblicità occultata in contenuti apparentemente neutrali.
Le sanzioni arriveranno fino a $ 11.000 per episodio contestato, con un controllo su tutti i social media.
Andrew Keen si domanda giustamente quando vedremo misure simili applicate alle recensioni pilotate che vediamo apparire in calce ai prodotti, nei negozi online come Amazon.
Aggiungo che, data la accessibilità globale dei contenuti Internet, e data l’attenzione che il pubblico di tutto il mondo riserva a contenuti sviluppati in lingua inglese, il problema richiederebbe un’attenzione internazionale: se pare giusto tutelare la buona fede degli utenti americani rispetto ai contenuti sviluppati negli USA, essa va tutelata dalle identiche pratiche aventi luogo in tutto il bacino linguistico anglosassone.
Da italiano, abituato a ben altri ritmi e tutt’altra competenza tecnica da parte delle istituzioni, sarei già contento se qualcuno iniziasse a porsi il problema di come i parassiti della rete stanno sfruttando spazi gratuiti, dirottando a loro vantaggio tutto quel che di buono il web 2.0 ha portato.
Non dico legiferare, ma almeno prenderne atto.